A2A guarda al 2035: 3,1 miliardi per Brescia, il futuro nei data center
Luci soffuse, schermo gigante, quaranta persone concentrate davanti ai computer, disposte attorno a isole di scrivanie che il board ha ribattezzato «il pensatoio» (un po’ in stile «Inside Out»). Per presentare il piano strategico che guarda al 2035, A2A ha scelto un set cinematografico. Se l’energia è anche immaginazione, l’effetto era voluto: raccontare una transizione che non fosse solo un file Excel da 23 miliardi di euro complessivi, ma un percorso per «anticipare» le esigenze che si apprestano a fare capolino. Quanta Brescia c’è in questo affresco dal futuro? Non poca.
Lo descrivono le cifre: per la nostra provincia sul tavolo ci sono 3,1 miliardi di investimenti preventivati nell’arco di un decennio, suddivisi - spiega l’amministratore delegato della società Renato Mazzoncini, su cui, ieri a Milano, erano puntati tutti i riflettori - «come da nostra prassi: un 65% sulla transizione energetica (2,1 miliardi) e un 35% sull’economia circolare (un miliardo)». Dentro ci sono reti elettriche da rendere più resilienti, reti idriche da ottimizzare (proseguendo a risanare le perdite d’acqua), nuovi impianti, un’attenzione costante al teleriscaldamento. Ma la «star», il protagonista del business futuro, si chiama data center.
«I nuovi centri commerciali»
A Mazzoncini piace un paragone che è, in effetti, emblematico: i data center sono «i nuovi centri commerciali del digitale». Crescono e attirano investimenti. Ma, come i vecchi mall di periferia, rischiano anche di cambiare il paesaggio se non si fa attenzione. «Bisogna gestirli bene - dice infatti l’ad - perché sono una grande opportunità di sviluppo per il territorio, però bisogna fare in modo che l’impatto energetico sia il più sostenibile possibile». Un obiettivo che A2A si è posta, non solo da «fornitore di energia» ma anche «in prima persona», da sviluppatore di data center. Ed è a questo punto della trama che Brescia gioca d’anticipo: il data center di Lamarmora, inaugurato la scorsa estate, è infatti il primo in Italia (e tra i primi in Europa) a recuperare il calore per alimentare il teleriscaldamento.

«Penso farà scuola - sottolinea Mazzoncini -, spero anche a livello normativo, perché li rende molto efficienti». Il gruppo ha stanziato 1,6 miliardi per lo sviluppo di questi hub digitali, con l’idea di collegarli direttamente alle fonti di generazione, riducendo l’impatto sulle reti e ottimizzando l’uso dell’acqua per il raffreddamento. L’ad lo esplicita in modo cristallino: «La Lombardia sarà il cuore dello sviluppo digitale italiano» e in questo quadro Brescia ha due caratteristiche che la rendono «meta ideale»: un tessuto industriale molto rilevante (aree dismesse incluse) e la giusta distanza da Milano per fungere da backup. Per questo A2A non ha dubbi: quello di Lamarmora e quello di Intred non resteranno gli unici due siti, «ci sarà un terzo data center bresciano».
Ma i server farm non «risucchieranno» troppa energia? E non aumenterà il rischio di black out? La risposta è diretta ed è un «no» secco: «L’energia per i data center viene coperta in parte dalle rinnovabili e in parte dalla generazione termoelettrica» assicura il manager. Un equilibrio di forze che Brescia conosce bene: la città del termoutilizzatore che ora vuole diventare capitale del calore digitale.
La differenziata
Poi c’è il tema più domestico (e spinoso, quanto mento politicamente) della raccolta differenziata. Il Comune ha scelto di non toccare l’attuale sistema misto e di archiviare per ora il passaggio al porta a porta integrale, e qui la diplomazia di Mazzoncini lavora in equilibrio: «Se parliamo di un target che punta a superare l’80%, al momento nessuno ci è riuscito. Basti pensare che Milano, che gestiamo con Amsa, è al 63% ed è la città europea sopra il milione di abitanti con la percentuale più alta. Non esiste una ricetta perfetta».
Tradotto: la rivoluzione dei rifiuti bresciana non avverrà a colpi di cassonetto e l’ad non ne fa un dramma: «Il sistema misto piace alla maggioranza delle persone e quindi la sfida sarà migliorare il target chiedendo ai cittadini collaborazione, dando meno fastidio possibile. Faremo grandi campagne di comunicazione e lavoreremo sulla parte rimasta mista». Per ora, insomma, Brescia resta dov’è.
La nuova sede, progetto a rilento

Infine, il dossier della pluri annunciata nuova sede in via Sostegno, in ritardo cronico rispetto ai tempi ipotizzati inizialmente, una vicenda spesso presa ad esempio quando subentra la «gelosia tra sorelle», ossia quando Brescia vuole dimostrare che, in fondo, A2A è sempre più solerte a investire su Milano anziché sulla nostra provincia. Spoiler: l’epilogo è ancora un’incognita, la situazione resta in bilico, ma - assicura Mazzoncini in persona - la volontà di proseguire c’è, eccome. Allora come mai si procede a passo di lumaca? «Il nostro interesse e l’investimento sono confermati, ma l’area non è purtroppo nostra: è in corso una lunga e faticosa negoziazione con i proprietari e la trattativa è complessa».
L’alternativa? Resta quella originaria, vale a dire la ristrutturazione dell’attuale casa di via Lamarmora, «ma - rimarca l’ad - la posizione accanto alla stazione con l’Alta velocità sarebbe perfetta. Dobbiamo solo trovare l’accordo. A volte le situazioni si sbloccano all’improvviso». Vero. Ma, come recita il titolo (emblematico) del piano strategico, serve «Momentum», ossia slancio.
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