L’infallibile fiuto di Philippe Léveillé per i giovani chef emergenti

Dalla cucina con due stelle Michelin del «Miramonti L’Altro» di Concesio sono passati molti cuochi oggi premiatissimi: da Arianna Gatti di «Forme» a Luca Lanciani di «Opinabile», ecco tutti i talenti che ha cresciuto
Chef Léveillé con la sua brigata attuale
Chef Léveillé con la sua brigata attuale
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Philippe Léveillé non ne può più di sentire persone che parlano male dei giovani: «Basta dire che non vogliono lavorare. La realtà è diversa». La sua esperienza da mentore di chef emergenti lo dimostra.

Dalla cucina bistellata del «Miramonti L’Altro» di Concesio sono passati giovani pieni di talento e voglia di fare.

I talenti formati da Léveillé

Gatti con Léveillé, suo maestro al Miramonti L'Altro - Foto Nicolo’ Brunelli fotografo
Gatti con Léveillé, suo maestro al Miramonti L'Altro - Foto Nicolo’ Brunelli fotografo

Qualche esempio? Arianna Gatti del ristorante cittadino «Forme», Due Cappelli per l’Espresso e Due Forchette per il Gambero Rosso e, secondo molti, in pole position per la stella. Luca Lanciani de «L’Opinabile», bistrot di Brescia che il Gambero Rosso ha appena premiato per il rapporto qualità-prezzo.

«È un bravo ragazzo, gli voglio un sacco di bene – commenta lo chef bretone –. Con noi è rimasto 4-5 anni e si è occupato di tutto: antipasti, primi e secondi. È cresciuto fino a raggiungere una posizione importante. Il futuro è dei giovani come lui, che sanno galoppare».

Lo chef del Miramonti l'Altro con Lanciani
Lo chef del Miramonti l'Altro con Lanciani

E ancora: tra i giovani promettenti che hanno fatto esperienze al «Miramonti L’Altro» Léveillé ricorda Matteo Zonarelli, diventato poi sous chef dell’«Osteria Francescana» di Massimo Bottura, Silvio Giavedoni, ora al lavoro nel gruppo de «Le Calandre», e Ivan Maniago, che vicino a Genova ha aperto la sua «Impronta d’acqua» sulla quale brilla già una stella.

Il metodo Miramonti

Ai giovani che lavorano al suo fianco (oggi sono 13 in cucina e 7 in sala e hanno dai 18 ai 26 anni), lo chef bretone cerca di far capire che «questo mestiere si deve amare, altrimenti ci si fa male. Servono sacrifici – spiega –. Essere chef non significa andare in tivù o sui giornali, bensì lavorare sodo e non sentirsi mai arrivati. I buoni risultati vanno, infatti, mantenuti. Se non si avverte sempre il fuoco dentro è meglio appendere il grembiule al chiodo».

Tanto lavoro, insomma, ma «un lavoro che diverte: se si è annoiati viene meno la creatività».

L’eccellenza a Concesio

Il «Miramonti L’Altro», ricordiamo, ha visto brillare la sua prima stella negli anni Sessanta e ne mantiene in luce due da ben 25 anni consecutivi. Anche altre guide – L’Espresso con Quattro Cappelli (e mezzo punto in più dell’anno scorso) e il Gambero Rosso con Tre Forchette – ne riconoscono l’eccellenza. Guide che nelle recenti edizioni hanno dimostrato di apprezzare la tradizione viva che diventa avanguardia, il coraggio, le idee giovani.

«Ben venga – commenta Léveillé –: più siamo a fare bene, più persone vengono nel Bresciano attratte dalle nostre cucine. Non c’è competizione, la varietà è geniale. E c’è lavoro per tutti, purché ci sia voglia di fare. Quando il cibo è buono e i clienti vengono accolti con un sorriso, i ristoranti si riempiono».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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