Autunno, tempo di castagne: storia, trucchi per sceglierle e ricette

Il punto dolente è il prezzo: la produzione in Italia, anche a causa del clima, non basta per la domande interna. Nel Bresciano si possono assaggiare nella «patuna» o arrostite come «brostoi»
Si è aperta la stagione delle castagne
Si è aperta la stagione delle castagne
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Il greco Senofonte, giù quattro secoli prima di Cristo, lo chiamò «albero del pane», mentre i romani, che lo portarono in Europa, ne disdegnavano i frutti, apprezzando invece la qualità del legno, assai utile a realizzare travi per l’edilizia e botti. Ma furono i monaci, attorno all’anno 1000, a fare delle castagne il «pane dei poveri», favorendone ovunque la diffusione, sfruttandone appieno le virtù alimentari e rendendole una risorsa decisiva per la sopravvivenza delle classi meno abbienti per secoli, financo ai primi decenni del Novecento.

Oggi le castagne e ancor di più i marroni sono invece una delizia delle tavole autunnali trasformata in centinaia di ricette diverse, il frutto simbolo del mese d’ottobre, nel quale, insieme all’inizio di novembre, è concentrata la raccolta annuale. Del suo ruolo nella storia, soprattutto in quella delle nostre montagne colline e persino pianure però vale la pena conservare memoria, precisandone i contorni smentendo anche le molte fantasiose dicerie che le accompagnano.

Come si coltivavano

Va detto ad esempio che, neppure in epoca alto medioevale, la raccolta non era assolutamente libera nei boschi, tantomeno, se non in casi assai limitati, riservata ad una comunità, bensì precisamente regolata. Fin dall’epoca medioevale, tra l’XI e il XIV secolo nei quali ci fu una straordinaria promozione e conseguente diffusione della coltivazione della castagna (per sopperire alla carenza degli altri cereali per dar nutrimento alla popolazione in costante e sensibile crescita), dalla zona alpina sino alla Sicilia si riscontrano un’infinità di leggi e norme riservate a questo frutto.

A cominciare dalla coltivazione, nella maggior parte dei casi in aree molto parcellizzate, ovvero suddivise in proprietà o in affitto ai diversi contadini e questo in ragione delle molte cure che ogni pianta richiede per il suo più corretto sviluppo. E questo non solo in collina e in montagna, ma pure in pianura. Una testimonianza esemplare viene ad esempio dalle 33 pergamene degli Statuti viscontei della comunità di Orzinuovi, nelle quali uno dei capitoli, oggi diremmo articoli, imponeva al proprietario o all’affittuario d’ogni terreno l’obbligo di piantare ogni anno almeno due castagni pe ogni piò, ovvero ogni 3255 metri quadrati d’area.

Come funzionava la raccolta

Quanto alla raccolta spettava ovviamente al contadino occuparsene, spesso aiutato da molti altri abitanti del borgo (come nel caso della vendemmia dell’uva) in un ben preciso periodo dell’anno, mentre il diritto per tutti a «spigolare», ovvero appropriarsi di quanto era rimasto a terra, era spesso di una sola giornata a raccolta sostanzialmente terminata, così come il terreno attorno all’albero veniva concesso poi al pascolo dei suini per altri due giorni e infine alle pecore per altri tre.

Si è molto ridotta la raccolta delle castagne nei boschi
Si è molto ridotta la raccolta delle castagne nei boschi

Tanta attenzione del legislatore medioevale – che ad esempio vietava in qualche caso persino la «bacchiatura», ovvero battere i rami per far cadere i frutti – ci dice dell’importanza fondamentale delle castagne nell’economia del tempo, visto che, soprattutto in montagna, questo frutto, opportunamente conservato e trasformato in farina, sostituiva gli altri più preziosi e sempre carenti cereali anche per nove/dieci mesi all’anno.

Dopo i picchi dei primi cinque secoli del passato millennio, la produzione di castagne in Italia, così come nel resto d’Europa, è andata gradualmente decrescendo (anche a causa di perniciose malattie dell’albero), mentre gli altri cereali hanno via via visto crescere la superficie a loro dedicata, ma ancora all’inizio del Novecento in Italia se ne raccoglievano fino a 3,3 milioni di quintali.

Quante e a che prezzo

Oggi la produzione nel nostro Paese, pur nell’incertezza climatica, si attesta su 550mila quintali all’anno, regalandoci il secondo posto per valore d’export nel mondo, soprattutto grazie alle varietà premium tra le centinaia diverse che si coltivano lungo lo Stivale. La regione che fa la parte del leone è la Campania, seguita da Piemonte, Calabria, Toscana e Lazio, mentre a livello globale la leadership indiscussa è della Cina con ben il 73% della raccolta globale, seguita a debita distanza da Spagna, Bolivia e Turchia.

Il punto dolente è che, pur d’alta qualità, la produzione italiana non copre neppure la richiesta interna, costringendoci ogni anno ad importare non meno di 250 mila quintali di castagne, per un valore di oltre 50 miliardi di euro. E proprio lo squilibrio tra domanda e offerta, unito alle variazioni nella quantità raccolta (nel 2023 ad esempio in Calabria si è raccolto il 90% in meno dell’anno precedente), può spiegare anche molti dei rincari al mercato che tanti lamentano.

Valori nutrizionali

Gli italiani insomma amano le castagne, per non dire dei marroni, che in effetti sono un alimento gustoso e saziante. Sul versante nutrizionale infatti, pur costituita per quasi il 50% da acqua, la castagna vanta un altro 40% di carboidrati, fibre e amidi, mentre non sono banali neppure il contenuto di preziosi sali minerali, quali ferro, potassio e fosforo, oltre a innumerevoli vitamine. Il dietista la consiglia – ovviamente con misura a causa dell’alto livello di carboidrati e le 165 Kcal in ogni 100 grammi (che diventano 290 nel prodotto secco) – per le sue ampie positività a favore di intestino, nervi, ossa e muscoli, nonché l’assoluta assenza di colesterolo. Persino il diabetico ne può mangiare, sempre con moderazione, tenendo conto dell’alto indice glicemico di carboidrati e amidi.

Come sceglierle e consumarle

Le castagne vanno preferibilmente acquistate quando sono state appena colte, guardando con attenzione al picciolo che non deve essere troppo moscio, sicuro indice di scarsa freschezza.

Le castagne vanno scelte con cura
Le castagne vanno scelte con cura

Se non si consumano tutte subito vale la pena di conservarle per i mesi a venire. E qui ancora la storia ci viene in aiuto, poiché nei secoli sono stati codificati almeno due sistemi sicuri. Il primo, conosciuto e praticato anche da molti coltivatori bresciani, è il sistema dell’annegamento in acqua, chiamo anche della «novena», perché richiede proprio nove giornate. Le castagne fresche vanno immerse in una bacinella d’acqua, scartando quelle che vengono a galla; nei primi quattro giorni occorre cambiare almeno la metà del liquido ogni dì, mentre negli altri cinque l’acqua va cambiata tutta. Al termine della «novena», le castagne vanno asciugate per bene e messe in luogo asciutto dove si potranno continuare a consumare per circa tre mesi.

Un secondo metodo è l’essicazione, che si può fare al sole per un paio di mesi, avendo cura di riporle al riparo nelle notti umide di questa stagione, oppure più rapidamente nel fumo caldo d’un camino.

Più recentemente ha preso piede però la conservazione in freezer: le castagne in questo caso vanno incise a croce nella parte bombata prima di riporle in un idoneo sacchetto da mettere nel congelatore, dove potranno rimanere fino a sei mesi.

Tra brostoi e patùna

Fresche o conservate le castagne, intere o sfarinate al mulino, sono pronte a tornare in tavola in un’infinità di ricette che la tradizione gastronomica regionale ha tramandato; così le troviamo bollite con l’alloro in insalate molto varie e colorate, cotte negli intingoli o nei ripieni per la carne, soprattutto in accompagnamento al suino in accordo con la dolcezza del maiale o del cinghiale, protagoniste nei dolci, dalle torte, ai biscotti, dalle frittele ai budini senza dimenticare il nostro orgoglio: la «patùna» o castagnaccio che dir si voglia con le sue innumerevoli varianti.

Tutte buone, anzi ottime, pur se per noi bresciani la castagna è innanzitutto i «brostoi», ovvero le caldarroste con la buccia incisa a croce e abbrustolite sul fuoco di braci roventi in una padella bucherellata. Certo oggi è più facile comprarle da uno dei tanti caldarrostai che ancora si incontrano in città e paesi in queste settimane, piuttosto che riempirsi di fumo al camino, ma un’accettabile gustosa alternativa si può ottenere con l’uso di un normale forno.

I trucchi per cuocerle al forno

Le castagne vanno incise prima di essere messe in forno
Le castagne vanno incise prima di essere messe in forno

Per avere delle simil-caldarroste dalla polpa davvero morbida anche con l’elettrodomestico di casa occorre però lasciare la castagne a bagno in acqua per una notte dopo averne inciso classicamente la buccia nella parte bombata (per una versione più gustosa c’è chi le annega per lo stesso numero di ore nel vino rosso, mentre chi ha fretta le può far bollire in acqua per 10/15 minuti a seconda della grandezza).

Tolte dall’acqua vanno ben asciugate, una ad una, con un canovaccio e poste sulla piastra coperta da carta forno avendo cura di non sovrapporle le une alle altre. Servirà infine una cottura a 180/190 gradi centigradi per 40/45 minuti, anche se temperatura e gradi possono variare a seconda del vostro forno. Servitele ancora tiepide e gustatele come semplice quanto gradito dessert.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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