Cronaca

Sempre più soli, anziani e malati: la nuova mappa dei fragili

Crescono e mutano i bisogni di chi è fragile: quest’estate 184 persone si sono rivolte al centro d’ascolto della Caritas
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Le fragilità sono in crescita
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La marginalità non va in vacanza. Se un tempo la gran parte delle criticità erano confinate all’inverno ora le necessità di chi non ha una casa sono presenti tutto l’anno. E questo perché è cambiato il senza fissa dimora: è più anziano di 10 anni fa, ha gravi patologie, spesso diverse contemporaneamente, ed è più solo.

A dirlo sono due realtà radicate sul territorio che si occupano in maniera diversa, ma sinergica, della grave marginalità, la Caritas diocesana e l’Associazione dormitorio San Vincenzo De Paoli. Da una parte Caritas offre un pasto caldo al giorno, attraverso la Mensa Menni, e ospitalità notturna nel Rifugio di via Roberto Ardigò, in città; dall’altra l’Associazione dormitorio San Vincenzo de Paoli ha una rete di ospitalità che parte dal dormitorio in centro e arriva agli appartamenti tra città e provincia.

In Caritas

«Il disagio su Brescia è cresciuto in termini generali - spiega Caterina Manelli, responsabile dell’Area grave marginalità -: fino a qualche anno fa un anziano con la sua pensione, in qualche modo, se la cavava, oggi non è così. Ci sono persone che hanno una casa loro, ma che chiedono accesso alla mensa perché non ce la fanno».

Le «porte» dalle quali le persone si affacciano a Caritas sono diverse: c’è il Rifugio, la mensa Menni, il centro di ascolto e l’unità di strada attiva dal 2019. «La grave marginalità - dice Manelli - negli anni ha assunto aspetti diversi, come Caritas cerchiamo un aggancio per poi inserire chi arriva da noi nei servizi per l’autonomia. La sfida è costruire qualcosa uscendo dalla logica della prestazione e insistere su quella della relazione. È un percorso lento, ma se si vuole essere incisivi bisogna darsi tempo». E la fiducia arriva prima di tutto.

Proprio per questo dal Covid il Rifugio Caritas si è strutturato in maniera diversa, dal servizio notturno legato all’emergenza freddo, ospitato a Mompiano, ci si è orientati su un servizio 24 ore su 24 alle spalle di viale Bornata: «Abbiamo creato relazioni di fiducia e più stabili e siamo riusciti ad essere più incisivi - dice Giacomo Savardi, responsabile del Rifugio -. Si è scelto di lavorare in maniera diversa, ora la turnazione è più lenta». E aggiunge:«La presenza in strada c’è ed è aumentata: con l’Unità di strada notiamo che ci sono anche molti ragazzi che dovrebbero essere nei Centri di accoglienza e che, invece, aspettano l’esito della procedure di richiesta d’asilo soli, e le marginalità si mischiano». Il Rifugio ha 24 posti per grave marginalità maschile e adulta, 8 dei quali mandati attraverso l’«Help center», il centro d’ascolto della Loggia. Da qui parte un percorso lungo. «Quello che vedo - sottolinea Savardi - è la crescita preponderante delle patologie croniche e dell’età».

Un pasto caldo alla Mensa Menni © www.giornaledibrescia.it
Un pasto caldo alla Mensa Menni © www.giornaledibrescia.it

A confermare la crescita dei bisogni ci sono i dati del centro di ascolto «Porta aperta»:«Tra maggio ed agosto 2024 sono state accolte 172 persone, 50 delle quali nuove - dice Caterina Manelli -, nello stesso periodo del 2025 in via Vittorio Emanuele sono arrivate 184 persone, 61 nuove». Da qui le persone vengono accompagnate, indirizzate e seguite, attraverso i vari servizi, verso l’autonomia.«Arrivano anche persone in precario equilibrio - sottolinea Manelli - noi dobbiamo fare in modo che non cadano». E con un piatto di pastasciutta si fa anche questo alla Mensa Menni. Da un quarto di secolo si serve il pranzo senza fare troppe domande a una sessantina di persone dal lunedì alla domenica, dalle 10 alle 14, grazie a 110 volontari che si alternano 365 giorni all’anno.

«Da noi arriva chi è senza lavoro, solo, l’anziano che fa fatica a quadrare i conti, chi ha una dipendenza o l’immigrato che non è riuscito a integrarsi e a lavorare con continuità» dice il referente della mensa, Gianbattista Treccani. «Negli ultimi anni l’emarginazione è cresciuta - dice - e a causa delle minori chance di venirne fuori». Essere accolti non è difficile: ci si presenta alle 9.30, si deve sostenere un breve colloquio e con la tessera che viene consegnata si può accedere dalle 11 alle 13. «Da noi non c’è una cartella, Isee, o la richiesta di spiegazioni - dice Manelli -, questo fa sì che per alcuni sia più facile venire da noi piuttosto che chiedere aiuto al Comune».

Al dormitorio

Il dormitorio maschile di Casa San Vincenzo © www.giornaledibrescia.it
Il dormitorio maschile di Casa San Vincenzo © www.giornaledibrescia.it

In Contrada Sant’Urbano, sulla salita del Castello, le porte aprono poco prima delle 18 e si può passare la notte. Qui vengono ospitate per 15 giorni 20 persone, mandate attraverso l’«Help center» del Comune di Brescia, possono restare 2-3 mesi. Per quanto riguarda i 20 posti quindicinali, da gennaio alla fine di agosto, sono passate 280 persone singole. Entrati si cerca di «agganciarli» e destinarli a «Casa San Vincenzo» in via Carducci dove sono attivi diversi progetti di reinserimento (ne parliamo nell’articolo qui a fianco).

«L’emarginazione sta cambiando - conferma Giovanna Donato, direttrice dei servizi dell’Associazione dormitorio San Vincenzo de Paoli -: in questo periodo vedo gravi patologie non curate e persone sempre più anziane. Se fino a 10 anni fa avevamo ospiti di massimo 60-65 anni, oggi arriviamo a più di 80. E sono soli, senza una rete». Le presenze sono sostanzialmente stabili:«Da gennaio a fine agosto 2024 abbiamo accolto 358 persone - spiega la direttrice -, nello stesso periodo di quest’anno, 347. Non vediamo differenze tra estate ed inverno, ogni martedì e giovedì, quando vengono messi a disposizione 5 nuovi posti, abbiamo 7 o 8 persone a chiedere l’ingresso». Si dà la precedenza a chi non è mai stato ospitato al centro o a chi è fuori da più tempo. La coperta è corta.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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