Dalla strada alla casa: i progetti di rinascita di Caritas e San Vincenzo

Non tutto il male viene per nuocere, ma serve grande impegno, idee chiare e, perché no, anche un pizzico di intuito e fortuna. Così Associazione dormitorio San Vincenzo de Paoli e Rifugio Caritas hanno tracciato il loro percorso di aiuto per chi vive in strada.
Casa San Vincenzo
Il Dormitorio, che ha un ricambio molto veloce, in via Carducci ha anche «Casa San Vincenzo», un alloggio d’accoglienza destinato a quegli ospiti soli, attraverso i servizi sociali, che vengono dalla strada o da sfratti. Qui ci sono 33 posti per uomini e 15 per donne (alcune sono badanti, ormai troppo malate o anziane per svolgere un lavoro così duro, altre sono state sfruttate per anni o hanno problemi psichiatrici). Poi c’è il servizio housing con 8 appartamenti nello stesso stabile (dove ci sono anche mamme e figli, spesso allontanati per maltrattamenti e violenze), altri 8 in città e due tra Botticino e Castenedolo. «Lavoriamo sul reinserimento e l’abitare - dice Donati -, accompagniamo le persone in tutto questo periodo verso l’autonomia che può essere di diverso tipo: al lavoro, alla casa, e per gli anziani può voler dire verso comunità».
Rifugio Caritas
Iter diverso, ma stesso obiettivo per il Rifugio Caritas di via Ardigò; non una comunità chiusa, ma un luogo d’accoglienza dove si può stare 24 ore su 24. «Quando accogliamo qualcuno – spiega Savardi – fissiamo degli mini-obiettivi lavorativi o sanitari che vengono monitorati mensilmente. Non abbiamo un tempo limite, finché ci sono obiettivi, l’ospitalità prosegue». Qui educatori, psicologi, infermieri e medici lavorano in équipe con l’obiettivo anche di far riprendere contatto agli ospiti con i servizi che gli spettano come Sert, Cps o medico di base. Il percorso parte con delicatezza per facilitare la conoscenza e la fiducia: «Nelle prime settimane – continua Savardi – non facciamo molte domande, diamo tempo e spazio. Poi i colloqui si fanno periodici e così si capisce che si è lì per sviluppare un percorso. Il nostro obiettivo è l’autonomia abitativa e lavorativa». Il 20-30% ce la fa a raggiungere il traguardo, in mezzo mille difficoltà come i documenti, la carta d’identità da rifare, la residenza o il permesso di soggiorno.
Verso l’autonomia
Diversi i progetti che permettono di «riattivarsi» e anche qui si parte lentamente: «Pensare che chi è stato 20 anni in strada proceda velocemente non è reale» dice il responsabile del rifugio. E i volontari sono centrali in questi percorsi: «C’è "Cucina con", progetto grazie al quale cucinano il pasto con gli ospiti. Se poi in quelle tre ore esce solo una pasta in bianco, ma durante la preparazione l’ospite si è aperto, è un successo. Lo stesso con "Riordina con"». Sono tutti percorsi verso l’autonomia. Per questo non ci sono camerate, ma stanze da uno o due posti: si vuole farli concentrare sulla loro vita. Poi c’è un progetto legato alle erbe aromatiche e all’orto, passeggiate e il famoso «Custodi del bello», un passo verso l’esterno curando la propria città.
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