Rider bresciani nella morsa del caldo estremo: «Non abbiamo altra scelta»

Costretti a pedalare in condizioni estreme, spesso privi di tutela e con stipendi bassi. Abbiamo dialogato con alcuni di loro, ecco le testimonianze
Un rider al lavoro - © www.giornaledibrescia.it
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Più si pedala, più si guadagna. Più il caldo si fa intenso, più il lavoro aumenta. Cambia la stagione, ma rimangono invariati i disagi per una tra le categorie di lavoratori con gli stipendi più bassi d’Italia. Zaino in spalla, bici alla mano e caldo rovente: per i rider italiani è iniziato il periodo più faticoso dell’anno. L’ondata di calore degli ultimi giorni ha portato con sè diversi disagi, tra cui malori e criticità diffusi per la cittadinanza. Motivo per cui – tra le misure adottate per contenere l’emergenza climatica – il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana ha firmato l’ordinanza urgente finalizzata a «tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori esposti alle alte temperature», prevedendo lo stop dalle attività dalle 12 alle 16 in alcuni settori specifici. I rider però sono esclusi.

Le testimonianze

Sotto il caldo rovente in piazza Vittoria, davanti ad un fast food, nel primo pomeriggio con 33 gradi, una fila di rider aspetta gli ordini. Saad Ali, il più giovane, lavora da soli otto mesi: «Mi sto trovando bene, ma con queste temperature è dura. Purtroppo non ho scelta: questo lavoro mi serve». Il 20enne, oltre al lavoro, non rinuncia alla scuola: «Frequento le superiori. Per me lo studio è fondamentale». Wahad Abdul, 21 anni, originario di Lumezzane, è sulla stessa linea di pensiero: «In questi giorni pedalare nelle ore di punta è davvero faticoso. Gli ordini sono in calo, molte persone sono in vacanza e si guadagna meno». Nonostante i tentativi di cercare alternative, la porta resta chiusa: «Ho inviato curriculum a varie agenzie, ma non ho ricevuto nessuna risposta. Questo è l’unico impiego che ho trovato».

Più ottimista è, invece, Luca, da Calcinato, che si sente «libero e sereno». Ha 50 anni e percorre ogni giorno circa 40 di km in bicicletta per arrivare in città: «Non mi pesa, mi piace pedalare. Lavorare all’aria aperta è molto meglio che stare chiuso in fabbrica. L’ho fatto per anni, poi ho deciso di cambiare vita». Anche Adeel Hussain Shah, 33 anni e in Italia da 2, concorda con lui: «Sono il capo di me stesso, come può non piacermi questo lavoro?» ha detto con sorriso. «Naturalmente non è del tutto vero, ma almeno ho una certa autonomia: posso decidere i turni e gli orari, scegliere se lavorare o meno». Sul caldo riflette: «Non ci sono molte alternative, basta proteggersi con un cappellino e bere tanta acqua».

Il sindacato 

«Come spesso accade i rider non vengono considerati come lavoratori veri e propri» ha commentato Davide Bertolassi, funzionario della segreteria Filt-Cgil di Brescia. «Nonostante operino in condizioni estreme, spesso senza tutele, con turni massacranti e stipendi bassi, sono posti ai margini». Ma il problema non riguarda solo il periodo estivo, ricorda Bertolassi: «In inverno la situazione non è migliore: neve, piogge intense, strade scivolose e buio rendono le consegne pericolose». L’obiettivo del sindacato, spiega, è «quello offrire supporto concreto. In questi giorni abbiamo diffuso una serie di indicazioni per evitare le fasce orarie più calde, ridurre le distanze e prevedere pause frequenti».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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