Pfas, cosa sono e quali sono i rischi per la salute umana

Le sostanze perfluoro alchiliche sono tra le più resistenti e durature, per questo impiegate nel settore industriale. Ma sono anche tra le più pericolose e dannose per le persone
Valori di Pfas, la raccolta dei campioni di Greenpeace - © www.giornaledibrescia.it
Valori di Pfas, la raccolta dei campioni di Greenpeace - © www.giornaledibrescia.it
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Create dall’uomo per danneggiare l’uomo: sono le sostanze perfluoro alchiliche, composti biochimici realizzati in laboratorio, noti anche come Pfas. Pericolosi e dannosi per la salute delle persone eppure così resistenti e duraturi da non poter essere sostituiti nei processi industriali: il loro vantaggio economico è impareggiabile.

La forza degli Pfas sta proprio nella presenza di uno o più legami chimici tra carbonio e fluoro che li rende indifferenti agli sbalzi di temperature e in grado di sopportare forti sollecitazioni. Queste sostanze sono nate negli anni Quaranta come risposta alla richiesta di creazione di materiali inalterabili e durevoli agli agenti chimici e termici. Ad oggi sono circa 4mila le tipologie esistenti, impiegate in diversi settori industriali: per le padelle antiaderenti, le vernici, per alcuni componenti meccanici del settore automobilistico, i cosmetici e, persino, per alcuni farmaci.

I rischi

Le conseguenze per la salute umana sono ancora oggi oggetto di studio, a causa sia delle numerose tipologie di Pfas e sia della presenza di altre sostanze nell’ambiente che ne potrebbero falsare le ricerche. Tuttavia l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha constatato una correlazione tra la presenza di Pfas e l’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue. Inoltre si sospetta che alcune di queste sostanze possano essere cancerogene, altre che possano causare danni al feto durante una gravidanza e altre ancora alterazioni della funzionalità del fegato e della tiroide.

Studi quindi ancora tutti in divenire. Ciò che è certo e su cui bisogna tenere alta la guardia è la loro caratteristica persistente, che ne permette l’accumulo rendendole difficili lo stamtimento. Si parla infatti di «forever chemicals», ossia di inquinanti eterni. Tuttavia, nonostante il quadro allarmante, è importante sottolineare che in Europa i controlli di qualità e sicurezza non mancano: la Commissione Europea ha stabilito, attraverso la direttiva 2020/2184, il limite di 100 nanogrammi per litro per 20 Pfas specifici. Inoltre in Italia le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente (Arpa) effettuano controlli periodici attraverso la raccolta di campioni di acqua per misurarne i livelli di Pfas. 

A Brescia

In città i valori di Pfas rispettano a pieno la direttiva europea: il livello è infatti tra l’1 e i 10 nanogrammi per litro, posizionando Brescia all’undicesima posizione in Lombardia nella classifica dei Comuni regionali. Notizie peggiori arrivano invece da Palazzolo sull’Oglio, che con un valore di 25,1 è terzo in regione (guida Milano con 90,1). Questo è il quadro emerso dal rapporto sui Pfas di Greenpeace: l’organizzazione non governativa ambientalista ha raccolto 260 campioni per rilevare le concentrazioni di alcune tipologie della sostanza dagli acquedotti di 235 Comuni italiani. La ricerca è stata svolta nei mesi di settembre e ottobre del 2024.

Il caso della società Miteni

Ma tra le caratteristiche peculiari dei Pfas non ci sono solo durevolezza e resistenza, ma anche la mobilità: ciò significa che una volta che sono stati rilasciati nell’ambiente, possono riversarsi nelle acque di scarico, nei rifiuti e nelle falde acquifere. Da qui il passaggio ai prodotti alimentari è inevitabile, aumentando il rischio di contatto delle sostanze chimiche con l’essere umano.

Tra i casi di inquinamento da Pfas più noti c’è quello di Miteni, società chimica con sede a Trissino, che ha contaminato le falde acquifere di alcune aree delle province di Vicenza, Padova e Verona. In totale sono state 350mila le persone che hanno bevuto l’acqua contenente le sostanze chimiche del Pfas. Proprio giovedì la Corte d’Assise di Vicenza ha emesso la sentenza definitiva: 141 anni di carcere per gli 11 manager, assoluzione di altri quattro. La Miteni dovrà ora pagare una multa da 125mila euro e dovrà far fronte a una confisca di 437mila euro. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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