Morti sul lavoro, i sindacati alzano i toni: «Scandalo senza fine»

Dopo la morte del 24enne di Rovato Endrit Ademi a Milano, i rappresentanti bresciani di Cgil, Cisl e Uil chiedono soluzioni strutturali «per tutto il mondo del lavoro»
  • Soccorritori sul luogo della tragedia, nel riquadro Endrit Ademi - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
  • Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
  • Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
  • Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
  • Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
  • Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
  • Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
  • Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano
    Endrit Ademi è morto mentre lavorava in un cantiere a Milano - Foto Ansa/Andrea Fasani © www.giornaledibrescia.it
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Le parole sono cambiate. Formazione, prevenzione, cultura della sicurezza questa volta restano sullo sfondo. I rappresentanti bresciani di Cgil, Cisl e Uil all’indomani dell’ennesima doppia tragedia sul lavoro, quella dove ha perso la vita il 24enne residente a Rovato Endrit Ademi, hanno alzato i toni per chiedere soluzioni strutturali contro gli infortuni mortali sul lavoro.

Antonella Albanese, della Cgil, parla di «brusco risveglio dopo che abbiamo nutrito la speranza di vedere un calo dei numeri. Purtroppo precarietà, salari bassi, pensioni insufficienti sono gli ingredienti che portano a queste situazioni. Non è pensabile che un ragazzo sia andato su un ponteggio senza le necessarie dotazioni di sicurezza e deve farci riflettere che un pensionato sia tornato al lavoro perché aveva bisogno di guadagnare ancora qualcosa. Il richiamo del presidente della Repubblica Mattarella in occasione del Primo Maggio ha toccato proprio questi temi e sono quelli che, in ultima analisi, conducono alla situazione che vediamo. Una tragedia senza fine che purtroppo non si riesce ad arrestare in nessun modo».

Le posizioni

Alberto Pluda della Cisl non usa mezze misure: «Ho il cordoglio e l’indignazione ma per il resto ho davvero finito le parole. È uno scandalo che non si trovi una soluzione. E purtroppo dopo il dolore di oggi, domani ci si sarà già dimenticati e tutto tornerà come sempre».

Muore in cantiere a 24 anni

Provando a guardare avanti il sindacalista ripone «speranze nell’incontro che noi sindacati avremo domani con il Governo. Dobbiamo trovare modalità più incisive, fare delle proposte forti per cambiare le cose». Nell’analisi della Cisl «purtroppo non c’è un settore più colpito. Ci sono morti sul lavoro in ogni ambito e significa che il problema è proprio del mondo del lavoro.

In tutti i campi «tempo» e «fatica», entrambi da risparmiare, sono il cuore del problema. Carichi di lavoro, fatica e ripetitività delle mansioni creano le situazioni di pericolo, a partire dalla vita quotidiana.

Le proposte

Ancora più duro il commento di Mario Bailo della Uil: «Avevamo dedicato il Primo Maggio al lavoro sicuro. E già il giorno successivo abbiamo avuto tre morti. Purtroppo non c’è fine».

Il sindacalista da qualche giorno lancia con forza la sua proposta: «È necessario istituire una procura speciale nazionale per gli infortuni sul lavoro. È una materia complessa e serve un’alta specializzazione ma 1.000 morti all’anno sono inaccettabili. Non ne faccio un discorso di ricerca dei colpevoli ma di fare giustizia per le vittime per tutti i lavoratori. Nei casi in cui si rimuovo i dispositivi di protezione però non si può più parlare di infortunio, è altro. Omicidio».

Bailo introduce anche un altro aspetto: «Dopo una morte sul lavoro le famiglie vengono lasciate sole. Ma ora i numeri sono troppo grossi, ogni anno sparisce un paese. È necessario che vengano previsti meccanismi di sosteno come quelli per le vittime di mafia».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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