Mala movida al Carmine, residenti furiosi: chiesti 2 milioni di danni

Ci risiamo. Come in un loop temporale, il tempo d’estate bresciano coincide con il tempo della movida di lotta e di governo. L’esordio non è dei migliori: un’azione legale destinazione Palazzo Loggia firmata da 68 residenti del quartiere Carmine esasperati dal baccano fuori da decibel sopportabili che si ripete «ogni stramaledetto fine settimana».
La tesi di chi è snervato dalle notti insonni - che descrive in balìa di urla, cafonaggine e zero rispetto per la quiete pubblica - è che per tutto questo fracasso, subìto negli ultimi tre anni, serva essere risarciti con oltre due milioni di euro: 10mila euro all’anno per ciascun residente. Ma prima di arrivare ai ferri corti e intavolare un rosario di contenziosi, ricorsi e appelli degli appelli, sul tavolo c’è l’istanza di mediazione (iter previsto).
Sos baccano
Il momento è delicato: non a caso nessuno, al momento, intende sbilanciarsi troppo. Non lo fa l’avvocato Stefano Santi, che conferma: «Abbiamo introdotto la mediazione, non intendiamo rilasciare alcuna dichiarazione, in questa fase non c’è nulla da dire». Non lo fanno i residenti. O, meglio: non con nome e cognome, perché «abbiamo concordato di non esprimerci pubblicamente».
In incognito la situazione cambia: «La questione - puntualizza un residente - è che non ci sentiamo presi sul serio: sono troppi anni che subiamo tutto questo: lei sa cosa significa non poter stare tranquilli in casa propria? Abbiamo atteso, ma nel frattempo non abbiamo visto i risultati. E adesso siamo stufi, basta. L’obiettivo principale è risolvere la situazione: se a suon di multe otteniamo il diritto alla quiete che ci spetta, allora sia».
Non è peraltro la prima volta che i residenti imboccano la strada delle carte bollate. Era già successo con il fratello dell’allora sindaco Adriano Paroli e il Comune fu costretto a risarcire. Poi, l’anno scorso, un centinaio di inquilini hanno ingaggiato un perito per testare il livello di rumore: il verdetto ha evidenziato il superamento dei decibel negli appartamenti testati sia a finestre aperte che a finestre chiuse.
Raggio d’azione
Dall’altro lato del contenzioso c’è la Loggia. Che il tema non lo ha ignorato e che ha avviato una sperimentazione per calmierare l’effetto maleducazione che la movida trascina con sé. I risultati, però, per chi al Carmine vive non sono sufficienti.
Di fatto, la Loggia - insieme all’Avvocatura civica - sta valutando l’adesione al primo incontro della procedura di mediazione. «Questa Amministrazione, sin dal suo insediamento e proseguendo nel solco del lavoro già avviato negli anni precedenti, ha adottato iniziative per tutelare la vivibilità del quartiere, anche nelle ore serali e notturne. Proprio per questo è nato il progetto Carmine da condiVivere - spiega in una nota l’assessore con delega alle Attività produttive Andrea Poli. Che ricorda: «Era ed è un progetto ambizioso, che tiene conto di tutte le anime che compongono il quartiere, dei diritti e dei bisogni di ciascuno. Il progetto è un percorso che sta avendo uno sviluppo positivo, stiamo parlando di un intervento anche educativo nei confronti soprattutto degli avventori degli esercizi commerciali per il quale ci vuole del tempo».
Non è tutto. Lo snodo movida coinvolge anche le forze dell’ordine, che non hanno un ruolo secondario. Non a caso, quando la Loggia propose di introdurre il numero chiuso per gli accessi ad alzare il cartellino rosso era stato il Cosp.
«C’è in atto anche una collaborazione con la Prefettura, la Questura e tutti gli altri protagonisti del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica - precisa Poli -, perché questo non è un problema fra il Comune di Brescia e alcuni residenti, e non deve essere considerato come tale. Ci siamo sempre posti in modo collaborativo, nell’alveo dei confini e degli ambiti d’azione stabiliti e concordati anche con il Ministero degli Interni, con la volontà di trovare una soluzione valida e condivisa. Molto è stato fatto e non ci sottrarremo al confronto, ma con la coscienza a posto» conclude l’assessore.
Come a dire: il Comune ha dimostrato di avere messo in atto delle azioni sperimentali per affrontare un problema che non dipende solo dall’ente. Ma se non può assumere da solo le decisioni e se la questione non è ascrivibile solo all’Amministrazione, perché dovrebbe assumersi da solo le (eventuali) conseguenze e penalità? Il tema è scottante. E va oltre l’istanza di mediazione dei residenti.
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