L’Ucraina risponde al piano di pace Usa, Trump: «Pazienza finita»

La risposta di Kiev al piano Usa, tanto attesa da Donald Trump e meditata per diversi giorni da Volodymyr Zelensky insieme ai leader europei, è arrivata ieri nel pomeriggio americano. Il capo negoziatore ucraino, Rustem Umerov, l'ha inviata a Jared Kushner, consigliere e genero del tycoon, includendo commenti e proposte di modifica sui punti critici, a partire dai territori ora occupati dai russi.
Gli Usa «non vogliono perdere il loro tempo» sull'Ucraina: «Zelensky deve essere realista», torna a mettere in chiaro Donald Trump che fa sapere di aver discusso «in termini piuttosto forti» nella telefonata con Emmanuel Macron, Keir Starmer e Friedrich Merz. «Gli europei vogliono un incontro con noi e Zelensky nel fine settimana in Europa», fa sapere il presidente Usa. E mentre il leader ucraino annuncia di aver coinvolto il Parlamento sull'ipotesi del voto, Trump torna ad affondare, interrogandosi su «quando terranno le elezioni?». In Ucraina «c'è un enorme problema di corruzione», torna a insinuare.
The 20 points for ending the war form a fundamental document. We are actively working on the key steps – they must be doable. From this fundamental document, we are developing at least two additional ones. The first is on security – regarding security guarantees with the United… pic.twitter.com/uQVG4myA6Z
— Volodymyr Zelenskyy / Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) December 10, 2025
Sulle proposte inviate in Usa, poco trapela. Ma arrivano al termine di una nuova giornata di negoziati febbrili, con il G3 - Francia, Gran Bretagna e Germania - tornato in campo. A vari livelli. A Bruxelles si parla apertamente di «giornate frenetiche» e c'è chi si azzarda a pronosticare la fine dei giochi a breve. L'incognita sta nella Casa Bianca. Ovvero come Donald Trump prenderà l'ennesimo tentativo da parte di Zelensky&friends di tirare la coperta dalla loro parte. Le linee generali del piano sono note ormai da settimane, con quello originale in 28 punti stravolto, ridotto, con due addendum allegati sulle garanzie di sicurezza e la ricostruzione dell'Ucraina.
Ingresso nell’Ue?
Stando alle ultime indiscrezioni, raccolte dal Washington Post, potrebbe esserci quella dell'ingresso di Kiev nell'Unione europea già nel 2027 e il «modello coreano» per la parte del Donetsk ancora sotto controllo ucraino (cioè smilitarizzato e non riconosciuto come russo). Un'altra zona demilitarizzata (Dmz) verrebbe poi istituita lungo l'intera linea del cessate il fuoco, dalla provincia di Donetsk a nord-est fino alle città di Zaporizhzhia e Kherson a sud. Alle sue spalle ci sarebbe una zona più profonda in cui sarebbero esclusi gli armamenti pesanti (e sarebbe strettamente monitorata, sul modello della Dmz che divide Corea del Nord e Corea del Sud). Non si tratta però di vere e proprie novità ma di aggiustamenti rispetto alle opzioni elaborate dai Volenterosi negli scorsi mesi.
Gli europei si stringono all'Ucraina anche nel timore delle minacce che gravano sui propri paesi: Bild e Welt hanno rivelato in un'inchiesta sui dati dell'Antifrode che dietro ai circa 2000 droni che hanno sorvolato la Germania quest'anno una «traccia» porterebbe alle navi russe. Ricostruire la timeline delle trattative è utile.
Dopo il leak della famosa bozza in 28 punti, gli incontri d'emergenza a Ginevra, Doha e Miami avevano prodotto il contropiano asciugato a 19 articoli, che Steve Witkoff ha portato a Mosca. Ma - a quanto si apprende - è tornato negli Usa con una versione corretta a matita rossa dal Cremlino molto vicina a quella originale. Da qui l'ennesimo round negoziale Ucraina-Europa, che avrebbe generato una sorta di contro-contropiano. Allo stato attuale, entrare ancora di più nel dettaglio è impossibile. Zelensky, dopo aver incontrato Meloni, ha sentito il presidente finlandese Alexander Stubb, l'altro leader «incantatore» di Trump.
È lecito ipotizzare una richiesta d'intercessione rispetto alla presentazione ufficiale affidata ai tre grandi. Oggi poi l'ennesima videocall dei Volenterosi allargati, per fare il punto. Zelensky, dal canto suo, dopo quattro anni di guerra e devastazioni vuole portare a casa qualcosa per poter sbandierare una parvenza di vittoria: più cede sui territori più deve ottenere sulle garanzie di sicurezza e la prospettiva Ue-Nato per il suo Paese (possibilmente con la ratifica del Congresso). A testare i limiti di Trump si rischia però il prendere o lasciare. E nessuno, in Europa, è disposto ad arrivare a tanto.
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