Macron, Starmer e Merz in pressing su Trump sul dossier Ucraina

Emmanuel Macron, Keir Starmer e Friedrich Merz hanno telefonato a Donald Trump per fare il punto sul piano di pace per l’Ucraina. Il G3 – Francia, Gran Bretagna e Germania – torna così in campo mentre i negoziati entrano in una fase cruciale.
A Bruxelles si parla apertamente di «giornate frenetiche» e c’è chi ipotizza che la trattativa possa concludersi nel giro di settimane, se non di giorni. L’ultima controproposta euro-ucraina è ormai in dirittura d’arrivo e restano da limare soltanto alcuni dettagli. L’incognita principale riguarda però la Casa Bianca: resta da capire come Trump accoglierà l’ennesimo tentativo di Zelensky e degli europei di spostare l’equilibrio del negoziato.
Le ipotesi sul tavolo
Le linee generali del piano circolano da settimane. La proposta originaria in 28 punti è stata ridotta e modificata, con due addendum dedicati alle garanzie di sicurezza e alla ricostruzione. Secondo le indiscrezioni raccolte dal Washington Post, tra le ipotesi c’è l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea già nel 2027 e un «modello coreano» per la parte del Donetsk ancora sotto controllo di Kiev: una zona smilitarizzata, non riconosciuta come russa.
Un’altra area demilitarizzata sarebbe istituita lungo tutta la linea del cessate il fuoco, dal Donetsk nord-orientale alle zone di Zaporizhzhia e Kherson. Alle sue spalle verrebbe creata una fascia di sicurezza più ampia, priva di armamenti pesanti e sottoposta a monitoraggio internazionale, sul modello della DMZ che divide le due Coree. Si tratta di aggiustamenti rispetto alle opzioni elaborate negli ultimi mesi dai Paesi «volenterosi».
Intanto gli europei si ricompattano anche alla luce di nuove tensioni: Bild e Welt, citando dati dell’Antifrode tedesca, riportano che una «traccia» relativa ai circa 2.000 droni che hanno sorvolato la Germania quest’anno porterebbe a navi russe.
Un negoziato in salita
La ricostruzione della timeline aiuta a comprendere il contesto. Dopo il leak della bozza in 28 punti, gli incontri d’emergenza a Ginevra, Doha e Miami avevano portato a un contropiano ridotto a 19 articoli, consegnato da Steve Witkoff al Cremlino. Ma, secondo diverse fonti, l’imprenditore sarebbe tornato negli Stati Uniti con una versione corretta «a matita rossa» molto vicina alla bozza originaria. Da qui un nuovo round negoziale tra Ucraina ed Europa, che avrebbe prodotto un’ulteriore revisione.
Al momento non è possibile entrare più nel dettaglio. Zelensky, dopo l’incontro con Meloni, ha parlato anche con il presidente finlandese Alexander Stubb, considerato uno dei leader più ascoltati da Trump. È plausibile che abbia chiesto una forma di intercessione in vista della presentazione ufficiale del piano affidata ai tre grandi.
Domani è prevista una nuova videocall dei «Volenterosi» allargati, con l’obiettivo di condividere gli ultimi sviluppi.
In sintesi: Mosca resta ferma sulle proprie posizioni; Kiev e gli europei non arretrano; gli Stati Uniti di Trump, che vogliono chiudere rapidamente, stanno irrigidendo la mediazione pendendo verso Mosca, ritenendola la via più veloce per arrivare a un accordo. La misura di questa convergenza resta tutta da capire.
Zelensky, dopo quattro anni di guerra, punta a ottenere risultati concreti da presentare come una vittoria: più è costretto a cedere sui territori, più cerca garanzie di sicurezza e una prospettiva Ue-Nato per il Paese, possibilmente con una ratifica del Congresso. Spingere troppo potrebbe però portare a un aut aut da parte di Trump: prendere o lasciare. Un rischio che nessun leader europeo vuole correre.
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