Cronaca

Mais nero e zafferano: la montagna crea lavoro

Tra le istituzioni che formano i giovani in questo settore c’è l’Università della montagna di Edolo, in cui si imparano e si sperimentano nuovi modelli per la gestione sostenibile dei territori e dell’agricoltura
Un'immagine di una montagna - © www.giornaledibrescia.it
Un'immagine di una montagna - © www.giornaledibrescia.it
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Da quasi un quarto di secolo l’Università della montagna di Edolo forma, indirizza e sostiene i giovani – camuni ma non solo, vista la provenienza anche internazionale dei propri studenti – che vogliono divenire tecnici esperti della montagna, agricoltori di nuova generazione, avanguardie per il mantenimento della vita e del benessere nelle terre alte. Ogni anno sono decine i laureati, sia triennali del corso di laurea in Valorizzazione e tutela dell’ambiente e del territorio montano sia magistrali del biennio internazionale in Valorization and sustainable development of mountain areas, che scelgono come vivere il proprio futuro «all’aria aperta», con un occhio e il cuore sempre attenti alla natura, alle vette, all’ambiente e alla sostenibilità.

In Unimont

Nelle aule dell’Unimont si imparano e si sperimentano soprattutto nuovi modelli per la gestione sostenibile dei territori e dell’agricoltura, ma con in testa chiara l’idea che lo sviluppo della montagna non si può limitare al solo settore agricolo. E così, negli anni, si è dato corso a progetti importanti come il recupero della coltivazione del mais nero spinoso di Valcamonica, avviato un decennio fa mappando un prodotto a rischio estinzione. Una varietà unica, inserita nel Registro nazionale delle specie da conservare e che ha ritrovato nuovi coltivatori soprattutto in media e bassa Valle, che producono farine, biscotti e pasta. 

Lo zafferano

Un altro intervento è stato lo studio dello zafferano «oro rosso di montagna», fatto crescere da micro produttori di tutta Italia. Gli ultimi progetti sono quelli sul fagiolo «copafam», sul cultivar di caigua, o Ciuenlai, reintrodotto in quattro campi sperimentali per analizzarne le caratteristiche e sul carciofo di Malegno, per il riconoscimento di questa cultivar provando a individuarne un nuovo utilizzo. Sono circa seicento i giovani che, a oggi, si sono laureati all’Università della montagna. Diversi hanno aperto aziende agrituristiche multifunzionali dove si realizzano prodotti di qualità, spesso di nicchia, venduti in un sistema di filiera corta, tra salumi, formaggi, cereali, frutti e molto altro.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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