Da Di Pietro a Davigo, quando Brescia giudica i magistrati di Milano

Da Mani Pulite al caso Eni-Nigeria, fino all’inchiesta su Garlasco con Venditti. Tutte le volte che un pm finisce sotto i riflettori della giustizia bresciana, da indagato o imputato, il caso diventa di portata nazionale
Piercamillo Davigo in aula a Brescia tra i suoi due avvocati - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Piercamillo Davigo in aula a Brescia tra i suoi due avvocati - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Di Pietro, Davigo, Storari, De Pasquale, Spadaro. E poi Venditti e Marra. Tutti magistrati, tutti pm in tempi diversi a Milano e tutti finiti sotto i riflettori della giustizia bresciana.

Perché a Brescia? Perché le vicende che riguardano magistrati del distretto di Milano – siano imputati o parti civili – vengono giudicate dai colleghi bresciani sui quali invece vigila la Procura di Venezia. E tutte le volte che un pm di Milano varca la porta del tribunale di Brescia da indagato o imputato, il caso diventa di portata nazionale.

Venditti e Marra

Accade in questi giorni con l’inchiesta su Garlasco e la presunta corruzione contesta a Mario Venditti, in passato magistrato a Milano e poi a Pavia, dove da procuratore aggiunto secondo l’accusa avrebbe preso soldi per archiviare la posizione di Andrea Sempio nell’inchiesta del 2016 sull’omicidio di Chiara Poggi.

L'ex Procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti prima di entrare in tribunale a Brescia
L'ex Procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti prima di entrare in tribunale a Brescia

Caso mediatico anche per l’altro fascicolo aperto dalla Procura di Brescia su quello che viene definita «la mala gestione della Procura di Pavia» e che vede indagato Pietro Paolo Mazza, oggi sostituto procuratore a Milano e un tempo braccio destro di Venditti a Pavia.

De Pasquale e Spadaro 

La storia giudiziaria di De Pasquale e Spadaro è recentissima, con la condanna a otto mesi confermata proprio ieri in appello per l’affaire Eni Nigeria e gli atti favorevoli alle difese non depositati.

Il pm di Milano Fabio De Pasquale
Il pm di Milano Fabio De Pasquale

«Hanno utilizzato solo ciò che poteva giovare alla propria tesi, tralasciando chirurgicamente i dati nocivi che pure erano stati portati alla loro attenzione dal dottor Storari» si legge nelle motivazioni di primo grado in attesa di quelle che tra 90 giorni depositeranno i giudici di appello.

I due magistrati Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro continuano a respingere le accuse: «Questo processo – ha detto Spadaro in aula –  è il frutto di un'indagine svolta in violazione delle garanzie fondamentali della pubblica accusa nel processo penale e, in sostanza, un processo profondamente ingiusto».

Davigo

Ha qualche mese in più il caso Davigo. L’ex componente del Csm è stato ritenuto colpevole del reato di rivelazione di atti coperti da segreto per la vicenda della presunta Loggia Ungheria e i verbali secretati resi alla procura di Milano dall'avvocato Piero Amara e consegnati a Davigo dal pm di Milano Paolo Storari.

Il pm Storari fuori dal tribunale a Brescia
Il pm Storari fuori dal tribunale a Brescia

Paolo Storari – anche lui passato dal giudizio dei colleghi bresciani – è stato assolto mentre Piercamillo Davigo è stato condannato in via definitiva. Davigo non l’ha presa bene e già dopo il primo grado, quando ospite del podcast di Fedez sferra un attacco frontale. Non solo al magistrato che lo ha giudicato, ma all’intero sistema giustizia di Brescia. «Non solo non ho commesso reati, ma ho fatto il mio mestiere. Ma visto che a Brescia le cose non sempre le capiscono, mi hanno condannato». La sentenza di primo grado di fatto ha resistito in tutti e tre i gradi di giudizio sulla scorta delle motivazioni firmate dal presidente della prima sezione penale Roberto Spanò.

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Davigo, confermata la condanna a un anno e quattro mesi in appello: l'uscita dal tribunale

Di Pietro

Lo stesso giudice Roberto Spanò – che ha presieduto il collegio anche nel caso De Pasquale-Spadaro – anni prima aveva affrontato un altro caso nazionale con un altro magistrato dello storico pool di Mani Pulite passato dall’altra parte della barricata della giustizia: Antonio Di Pietro.

Antonio Di Pietro ai tempi in cui finì sotto inchiesta a Brescia
Antonio Di Pietro ai tempi in cui finì sotto inchiesta a Brescia

Tra i due casi sono passati 26 anni. Di Pietro finì nel registro degli indagati degli allora pm bresciani Fabio Salamone-Silvio Bonfigli, con le accuse di abuso d’ufficio e concussione. Spanò firmò una doppia sentenza di non luogo a procedere.

Il giudice Roberto Spanò ai tempi dell'inchiesta su Di Pietro
Il giudice Roberto Spanò ai tempi dell'inchiesta su Di Pietro

«Il discorso potrebbe esaurirsi qui» scrisse a pagina 7 della sentenza del 22 marzo 1996 – in una motivazione di 95 pagine – spiegando che vi era «estrema difficoltà, già sulla base della mera prospettazione, a ravvisare negli episodi contestati i tratti della rilevanza penale». E definì l’inchiesta bresciana su Di Pietro «un’anemia probatoria» e «un azzardato esercizio dell’azione penale».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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