Caso Eni-Nigeria, confermata condanna per i pm De Pasquale e Spadaro

La Corte d’appello di Brescia presieduta da Anna Dallalibera ha confermato la condanna di primo grado a otto mesi per rifiuto di atti d’ufficio nei confronti dei due pm di Milano Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. Secondo l’accusa di primo grado i due magistrati non hanno depositato atti favorevoli alle difese nel procedimento Eni-Nigeria.
«Non ci credo. Mi dispiace ma non ci credo» commenta l’avvocato Di Noia difensore dei due imputati.
Le dichiarazioni
«Questo processo è il frutto di un'indagine svolta in violazione delle garanzie fondamentali della pubblica accusa nel processo penale e, in sostanza, un processo profondamente ingiusto» ha detto il pm milanese Sergio Spadaro nella dichiarazione spontanea rilasciata davanti alla corte d'appello di Brescia. Assente invece il collega Fabio De Pasquale.
«La pubblica accusa bresciana ha seguito, con immediata convinzione, le malevole suggestioni che l'indagato Storari, sentito dai pm di Roma l'8.5.2021, aveva voluto spontaneamente rilasciare, a interrogatorio concluso, alcune righe dopo aver confessato di aver violato il segreto investigativo consegnando all'esterno gli interrogatori sulla Loggia Ungheria» ha detto De Pasquale. «Siamo accusati di rifiuto d'atti d'ufficio. Ma non abbiamo mai rifiutato di svolgere il nostro dovere di magistrati. Conoscere e valutare, valutare e decidere. E questa valutazione l'abbiamo messa per iscritto, assumendocene la responsabilità, in un atto formale, firmato e trasmesso al procuratore. Non c'è rifiuto, non c'è omissione, c'è un atto, un agire secondo coscienza e diritto, in modo trasparente e condiviso».
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