Caso Civile-A2A, causa al via con ricorso d’urgenza

Sono passati, per l’esattezza, sei mesi e dieci giorni da quando gli avvocati dello studio Angelini e associati – ingaggiato dall’ospedale Civile – hanno depositato l’atto di citazione nei confronti di A2A Calore e servizi per chiedere un «risarcimento» da capogiro (oltre 39,4 milioni di euro), ufficializzando così uno scontro sulle bollette e sul contratto del teleraffrescamento che procedeva, a suon di carteggi, da tempo. E nessuno ha ritirato nulla.
Fissata l’udienza
In mezzo, c’è stato anche il rinvio dell’udienza inizialmente fissata per il 14 maggio. Udienza numero uno che si è alla fine consumata ieri mattina, di fronte al giudice Angelica Castellani. E se, da un lato, entrambe le parti si dicono disposte a sedersi a un tavolo per capire se una mediazione sia percorribile («è emersa la disponibilità delle parti a individuare una soluzione conciliativa di reciproco interesse e tutela» fa sapere A2A), dall’altro, si è aperto un secondo fronte, che scorrerà parallelo alla causa. La multiutility ha infatti presentato un ricorso d’urgenza. Perché nel frattempo, negli ultimi 18 mesi, l’ospedale ha smesso di pagare la fornitura, ma A2A ha continuato ad erogare il servizio. E vuole capire dal giudice se deve necessariamente proseguire a farlo (e, quindi, se il presidio sanitario inizierà a saldare il conto da oggi in avanti) o, al contrario, può decidere di interrompere il servizio. Su questo sarà Castellani a doversi pronunciare a stretto giro: l’udienza è già fissata in agenda per martedì 22 luglio.
Due filoni
I prossimi dodici giorni serviranno insomma a capire se uno spazio concreto per mediare ci sia oppure no. Non a caso l’obiettivo di A2A, arrivati a questo punto della storia, è dividere la partita in due atti: quel che è accaduto fin qui (da gestire attraverso la causa) e, parallelamente, capire come affrontare il rapporto (anche economico) da oggi in avanti. Partiamo dall’oggi, ossia dal nuovo ricorso. Spiega la società in una nota: «Nonostante dall’inizio del 2024 non si riceva più alcun pagamento per le forniture, si continua a garantire senza interruzioni il servizio pubblico essenziale di teleraffrescamento agli Spedali Civili di Brescia, unicamente per senso di responsabilità verso la comunità e i pazienti, in coerenza con i principi di responsabilità sociale e di servizio pubblico».
I servizi
I servizi di cui si parla riguardano la climatizzazione costante delle sale operatorie e degli altri ambienti sterili, dei reparti e degli impianti tecnici della struttura sanitaria. E il risultato è che si sono accumulati, nei 18 mesi di «sciopero dei pagamenti» da parte del Civile, 9 milioni di bollette insolute. I vertici dell’ospedale lo sanno bene, tanto che la somma è stata accantonata in vista del giorno dell’eventuale saldo. In sostanza, A2A ha chiesto al giudice di chiarire con urgenza quale sia il raggio d’azione «quantomeno per il futuro»: la proposta è di stipulare un contratto-ponte così da prevedere «un’indennità provvisoria a copertura dei costi» per evitare di interrompere un servizio configurato come pubblica utilità. Anche perché, alla fine dell’anno scorso, l’azienda sanitaria ha avviato la procedura per un bando di gara. Obiettivo: cercare un nuovo operatore.
Il contenzioso
Nel frattempo, il contenzioso originario avviato dall’Asst prosegue: entrambe le parti hanno depositato la documentazione giuridica, tecnica ed economica. Il pomo della discordia è quello che ha innescato la causa. In breve: il Civile ha chiesto la restituzione di oltre 39,4 milioni di euro, vale a dire l’intero importo versato alla multiutility dal 1° luglio 2019 al 31 dicembre 2023 per il servizio che è stato sì erogato, ma senza contratto.
Nessun contratto
Per capire come si sia arrivati a questo punto serve un breve «bigino». Nel 2019 il contratto relativo al teleraffrescamento è scaduto: a fronte di tariffe ritenute troppo alte e di conteggi «da chiarire», il Civile chiede ad A2A di revisionare i costi. Più precisamente, il 31 ottobre 2019 l’Asst invoca «una significativa rinegoziazione di alcune clausole contrattuali». Una richiesta che – stando a quanto riportato nell’atto di citazione – la società ritiene impercorribile. Allo stesso modo respinge anche la proposta di procedere con un «contratto ponte», che è per l’ospedale un requisito necessario per essere in regola con la normativa della pubblica amministrazione. Il tempo passa e le comunicazioni si diradano (nel mezzo, ci sono anche i due anni di pandemia). Dopo un periodo di vuoto, riprendono e si fanno più intense nel 2024.
Il braccio di ferro
A quel punto, l’Asst decide – in assenza di un contratto – di interrompere i pagamenti, reclama la restituzione dei soldi versati nei quattro anni e mezzo di assenza della «convenzione» (perché «non sono dovuti») e confuta alcune somme «versate due volte» e (per una parte delle voci) non verificabili. Sul fronte opposto c’è la multiutility. Che, ieri, ha ribadito: «A2A ritiene del tutto infondata e pretestuosa tale richiesta, poiché il servizio di teleraffrescamento, essenziale per la sicurezza dei pazienti, è stato garantito senza interruzioni e sostenendone per intero i costi. Per oltre quattro anni l’Asst ha pagato senza mai contestarne la legittimità, riconoscendone la natura indispensabile. A2A – prosegue la nota – contesta quindi la pretesa di restituzione, rivendicando la correttezza del proprio operato». Insomma, un braccio di ferro che ha portato due delle aziende più importanti della città in tribunale.
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