Il Civile porta in Tribunale A2A: causa da 40 milioni di euro

L’Asst bresciana ha agito dopo aver sollecitato la società a rinnovare il contratto scaduto: tutto nasce da una verifica su un conto troppo salato
Lo stabilimento bresciano di A2A - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
Lo stabilimento bresciano di A2A - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
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A2A rischia di perdere il suo principale cliente bresciano: l’ospedale Civile. In ballo c’è un contenzioso con cifre da capogiro. L’importo impugnato parte da circa 40 milioni di euro (per soli quattro anni), ma il conto finale è destinato a crescere: alcuni computi sono ancora in corso di definizione. Si tratta di fondi che, secondo l’Asst di Mompiano, la multiutility ha preteso e incassato attraverso canoni in bolletta non dovuti e per i quali ora la struttura ospedaliera cittadina (dopo diverse diffide e un carteggio lungo cinque anni) ha deciso di portare in Tribunale l’azienda guidata da Renato Mazzoncini, società che ha come azionisti di maggioranza i Comuni di Brescia e di Milano.

La vicenda

L'ospedale Civile di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
L'ospedale Civile di Brescia - © www.giornaledibrescia.it

Tutto nasce da una verifica interna all’ospedale, che si è trovato a scandagliare le bollette sulla scia di un conto che, per quanto la struttura sia grande ed energivora (tra locali e macchinari), risultava troppo salato. Secondo il team tecnico che supervisiona gestione e amministrazione degli impianti, a ballare non sono pochi spiccioli: la cifra complessiva esatta è al centro di verifiche puntuali, ma la stima si aggira attorno a 7 milioni di euro in più all’anno fatturati in bolletta. Per dieci anni.

La discrepanza tra consumi e importo pagato è finita quindi sul tavolo della direzione generale della clinica cittadina, che ha scelto di approfondire la questione incaricando dei professionisti (tra cui tre docenti del Politecnico di Milano). Questo è avvenuto in concomitanza con la scadenza del contratto di fornitura decennale che lega(va) le due aziende. Un accordo terminato il 30 giugno del 2019 e, da allora, mai più rinnovato.

L’assenza di contratto

Parte esattamente da questo punto, ossia dall’assenza di un contratto di fornitura sottoscritto tra le parti, il contenzioso formalizzato dopo un teorema di comunicazioni, diffide e trattative avviate dall’ospedale ma «respinte» dalla multiutility e, infine, naufragate.

I pomi della discordia snocciolati nell’atto di citazione sono diversi. Il principale è quello che porta alla cifra base rivendicata dal Civile: gli oltre 40 milioni di euro. L’arco temporale di riferimento va dal 1° luglio 2019 al 31 dicembre 2023, perché da quella data in avanti l’Azienda ospedaliera ha interrotto i pagamenti: questi quattro anni e mezzo sono dunque il periodo nel quale un contratto per il servizio di teleraffrescamento tra Civile e A2A non c’era, ma in cui ugualmente i soldi delle bollette sono stati scalati dal conto corrente dell’ospedale.

I carteggi

Come mai l’ospedale non si è mosso prima? Stando alle ricostruzioni documentate, ci ha provato. Prima ricordando più volte alla società che, alla luce delle bollette analizzate, una rinegoziazione delle tariffe in vista della sottoscrizione del nuovo accordo era inevitabile: strada bocciata dal destinatario. Poi, facendo notare che nei contratti pubblici non esistono né tacito rinnovo né proroghe automatiche e che, quindi, la sottoscrizione di un contratto era «necessaria»: altro niet di A2A, che risponde di avere bisogno di «un tempo medio-lungo per poter ammortizzare tutti gli investimenti necessari per ridurre i costi di produzione e quindi diminuire il prezzo di somministrazione».

Scatta allora la terza proposta avanzata dal Civile: la sottoscrizione di un contratto-ponte, così da consentire all’ospedale, in primis, di essere in regola (i pagamenti stavano del resto proseguendo in assenza di un atto formale) e, poi, di individuare una soluzione tecnologica differente oppure di procedere con un bando di gara. Anche di fronte a questa opzione, però, la multiutility ha risposto «no», dichiarando di «non poter sottoscrivere un contratto di durata triennale».

«Segreti aziendali»

L’altro filone contestato riguarda sostanzialmente due aspetti. Il primo: stando alla ricognizione condotta, il Civile ritiene che alcune spese legate al consumo effettivo di elettricità siano state addebitate all’Azienda ospedaliera due volte.

Il secondo: A2A si è rifiutata di comunicare all’ospedale i dati relativi al calcolo di due voci di spesa (Opex e Capex), valori indispensabili per confrontare le tariffe con quelle proposte da altri operatori e affidare dunque il servizio alla sigla più conveniente. Secondo la società quotata in borsa questi sono «segreti commerciali», nonostante – facciano presente i legali dell’ospedale – si tratti di informazioni che le ditte che partecipano a una gara pubblica sono tenute a comunicare alla stazione appaltante per poter verificare eventuali anomalie nelle offerte.

Via legale

Fallito il tentativo di mediazione intavolato con i vertici della multiutility, la dirigenza del Civile ha quindi infine deciso di imboccare le vie legali, rivendicando il rimborso dei 40 milioni, ma anche degli interessi, delle cifre che ritiene di aver versato due volte, nonché la possibilità di ottenere i dati richiesti per poter controllare accuratamente le voci di ciascuna bolletta e rivalersi.

L’atto di citazione stilato dallo studio Angelini e associati di Milano è indirizzato ad A2A Calore e Servizi ed è stato depositato al Tribunale di Brescia, dove – nelle prossime settimane – si terrà l’udienza. Nel frattempo, però, il polo sanitario ha già avviato una manifestazione d’interesse per cercare nuovi operatori per la gestione dell’energia.

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