Senzatetto e fragili, i 1000 posti letto non bastano: «Siamo al limite»

I numeri sono troppo grandi, le strutture troppo piene, le storie sempre più tribolate. E – così come stanno le cose, con la rete solidale e i posti dedicati all’accoglienza e all’aiuto attuali – non c’è più spazio, non ci sono abbastanza paracadute da aprire. Il «villaggio delle fragilità», a Brescia, è ufficialmente off-limits: lo dice la sindaca Laura Castelletti e lo confermano le cifre, che cristallizzano come le richieste di un posto letto e di un alloggio superino ormai di gran lunga l’offerta effettiva.
Per capirci, nell’abaco di questa cruda contabilità umana, ci sono i posti dei dormitori, quelli riservati alla bassa soglia, quelli del Sistema accoglienza e integrazione (Sai) e dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas): con questa ragnatela assistenziale, Brescia aiuta – in base ai rispettivi e diversi requisiti – 1.045 persone. Tante, sì. Tutte quelle che ne avrebbero bisogno, no.
La rete
Si parla di numeri, ma si tratta di persone con storie differenti, traumi differenti, voglia di uscirne in percentuali differenti. Luigi, ad esempio, è un veterano della strada: ci vive da anni, ogni tanto bazzica nei dormitori, nei mesi caldi si trasferisce in zona turistica «così riesco a racimolare più facilmente qualcosa». Di stare in pianta stabile da qualche parte non ne vuole sapere: «Troppe regole, poi ti chiudono dentro, non puoi portare le tue cose. Ormai io sto bene così» ribatte di sbieco mentre si scola una lattina di birra.
Altri nell’alcol o nella droga ci sono scivolati dentro col passo della disperazione, oppure ci sono sprofondati in balìa di problemi di salute mentale mai curati. Alcuni sono soli per scelta, altri non sanno come non esserlo e faticano a rientrare in un sistema sociale che li accoglie a rotazione, perché – come spiega Esan – «ormai io non ho niente da perdere».

Numeri
Quanti sono? I senza fissa dimora censiti in città sono 560, di cui 112 vivono per strada, ma se lo sguardo si allarga alla provincia si arriva a oltre 1.400. Quasi tutti hanno come destinazione il capoluogo, chi per rimanerci, chi come meta di passaggio frequente. Un po’ perché stare da clochard nel paese d’origine significa essere più riconoscibili. Un po’ perché – appunto – è la città l’unico luogo in cui possono accedere ai servizi.
Quali? I dormitori offrono 300 posti, di cui 91 riservati alla bassa soglia (persone in condizioni di povertà estrema che attraversano un momento di fragilità). «Hanno precedenza i casi con gravità sanitaria. Le persone possono usare il posto letto per quindici giorni, il tempo necessario per creare l’aggancio con il servizio sociale di riferimento che approfondisce la situazione e definisce il progetto di intervento che le può orientare verso soluzioni diverse». Di spazi nei dormitori, però, ora non ce ne sono più: «Le richieste superano l’offerta» conferma la Loggia. A rimanere senza posto letto sono in 112.
Lo scenario
La geografia degli aiuti non si esaurisce qui: allargando l’inquadratura, si aggiungono altri servizi. A partire dai 25 alloggi finanziati dal Fondo povertà: è infatti sempre la Loggia, su richiesta della Prefettura, ad occuparsi di trovare un posto in albergo per richiedenti asilo con provenienza via terra. Poi ci sono i posti del Sai: un centinaio di base (già implementati per rispondere all’emergenza Ucraina), cui vanno sommati i 25 destinati alla salute mentale e i 50 di cui ha titolarità la Provincia (dieci non più utilizzabili). Non è finita: i Cas (centri per l’immigrazione) accolgono 235 persone e, infine, c’è il grande flusso dei minori stranieri non accompagnati, che sono ben 310.
«Ci facciamo carico di tantissime fragilità: siamo arrivati al livello di saturazione massimo. Serve necessariamente una distribuzione almeno in chiave provinciale» sottolinea Castelletti. Secondo la sindaca l’emergenza è diventata strutturale perché il problema sta a monte: «Manca un coordinamento centrale: tutto viene scaricato sui Comuni che ora però non reggono più. Il Governo continua a dire che gli sbarchi diminuiscono, ma è falso: crescono, basta leggere i report. E queste persone arrivano qui».
No a nuovi posti letto
Di allargare la platea dei posti letto e degli aiuti, però, in Loggia non se ne parla neppure: «Più allarghi e più c’è in gioco la capacità della città di essere attrattiva. Mi spiego: non si possono aggiungere posti all’infinito perché in primis serve una rete che li gestisca e poi dobbiamo garantire un impatto sociale che non crei ulteriori emerginazioni, ghettizzazioni, conflittualità. Il punto non è solo aprire la porta, ma come la città può reggere e reagire a tutto questo». Ecco perché – conclude la sindaca – «a un certo punto, bisogna porre un confine, un limite entro cui stare: noi siamo arrivati a quel limite».
Emergenza freddo
E l’emergenza freddo? Grazie a un tavolo di coprogrammazione con gli enti del terzo settore, attivo dal 2017 e chiamato «Cabina di regia della grave marginalità», il Comune ha costruito «un sistema di accoglienza che ha superato quello dell’emergenza freddo, trasformandolo in un sistema stabile, attivo tutti i giorni dell’anno. L’accoglienza delle persone in condizione di fragilità e senza dimora avviene quindi attraverso l’Help Center (di casa in viale Stazione), dove si effettua una valutazione, si orienta verso i servizi di accoglienza, si contatta il Comune di ultima residenza. Nel 2024 le richieste sono state 600.
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