Il Santuario della Madonna del Frassino: fede, storia e simboli

Il santuario di Peschiera del Garda nasce dall’apparizione della Vergine a un contadino l’11 maggio 1510 e oggi racconta, tra chiostri fioriti ed ex-voto, secoli di devozione
Il santuario della Madonna del Frassino a Peschiera del Garda
Il santuario della Madonna del Frassino a Peschiera del Garda
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Tanti sono i modi in cui il Divino si manifesta a noi mortali. Spesso non comprendiamo appieno il significato di tali eventi, poiché resta sempre in qualche modo chiuso in loro un mistero che non ha senso sottovalutare o banalizzare, anzi farlo è un peccato, poiché tali episodi non sono espressione di ingenuità, bensì di un amore e di una fede che vanno oltre ciò che è dato vedere.

E per diventare comprensibili a tutti assumono le forme maestose di una costruzione, di un’opera d’arte, di un chiostro fiorito o l’aspetto tenero di un ex-voto, di una candela accesa nella penombra. O di tutte queste cose insieme, come accade al Santuario della Madonna del Frassino a Peschiera del Garda.

L’origine del santuario

La sua origine si deve all’apparizione della Vergine a un contadino, Bartolomeo Broglia, l’11 maggio 1510. Lei si manifestò sotto forma di una statuina sopra un frassino (da cui il nome) e salvò Bartolomeo dal morso di un aspide velenoso.

Niente si può ascrivere al caso, nemmeno il tipo di albero. Il legno di frassino è elastico e robusto, si piega ma non si spezza: è simbolo di forza. Si rigenera in fretta: è simbolo di rinascita. Ha radici profonde e rami alti: collega cielo e terra. Si credeva avesse il potere di proteggere e guarire, come la Madre del Signore.

Così nacque questo luogo di luce e di quiete. E di fiori bianchi in uno dei due chiostri e rossi nell’altro, e di ceri accesi in una stanzetta laterale, e di quadretti che raccontano storie di dolore e gratitudine.

Gli interni

Sui muri di questi chiostri collegati tra loro, rinascimentali nell’essenza e pieni di Grazia come la Signora del Cielo a cui sono dedicati, sono spiegate molte cose, come la storia del Santuario stesso, raccontata attraverso una serie di piastrelle di ceramica a creare un proto-fumetto, come la gioia di una nascita o il dolore di una perdita o lo stupore per una guarigione.

Tra questi fiori, in questa luce, nuotando in un silenzio rotto da preghiere sussurrate, scaldati nel profondo dal tenue fuoco dei lumini, si prova gratitudine per ciò che si ha e intanto si pensa a coloro a cui manca ciò che noi diamo per scontato, come vivere in un paese non devastato, avere amici affettuosi e figli vivi.

La statuetta

L’interno del santuario è una galleria di dipinti, una cesellatura di stucchi e decorazioni. E quella madonnina che apparve più di mezzo millennio fa, appoggiata all’albero sul quale è cresciuto l’intero edificio, è ancora lì che vigila, anche se in copia, essendo l’originale stata trafugata dopo la guerra.

Anche lei, tanto generosa e attenta, ha incontrato le sue serpi. Non importa, la Nostra Signora è resiliente, è maestra dell’impossibile e la sua vocazione all’eternità non può essere intaccata da un banale ladro. Lei è qui: si sente, si vede, si sa. Protegge dai serpenti veri e metaforici, fa sbocciare i fiori, attutisce i rumori, scalda i cuori, nutre i sogni.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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