Il Santuario felice di San Felice del Benaco

Isolato ma non lontano dal paese, circondato da mura ma non separato dal mondo, sobrio ma colorato: il Santuario della Madonna del Carmine a San Felice del Benaco è un luogo perfetto dove riprendere contatto con la propria interiorità attraverso la bellezza della natura e dell’arte. Sembra si parli di concetti contrastanti, ma qui il contrasto è veicolo dell’armonia.
La facciata a capanna ha due monofore a farle da occhi, un rosone centrale e un protiro a coprire il portale d’ingresso. L’interno, a navata unica e scandito da ampi archi a sesto acuto, è un trionfo di affreschi. Il quattrocentesco edificio è un esempio di gotico lombardo, ovvero un gotico con una certa propensione per il romanico. Anche in questo caso la contraddizione è apparente.
Secondo la tradizione, a finanziarne la costruzione (in un luogo dove c’era una cappella chiamata Santa Maria delle Cisterne per via delle molte sorgenti presenti nella zona) sono i pescatori del luogo, che da una parte sentono la necessità di ringraziare la Vergine per averli più volte salvati dalle terribili tempeste che si scatenano sul Garda e dall’altra vogliono chiederle di continuare a proteggerli. È abitato dai frati Carmelitani dalla seconda metà del 1400 fino al 1770, quando la Serenissima lo sopprime.
Viene così abbandonato a se stesso e nel Seicento gli affreschi vengono coperti con la calce e la chiesa trasformata in lazzaretto. La struttura è in rovina quando, dopo la Seconda Guerra Mondiale, i Carmelitani tornano e la restaurano, riportando all’originario splendore le pitture del XV e XVI, ispirate all’opera dei grandi maestri dell’epoca (Mantegna, Foppa e Perugino). Il nome dei loro autori resta ignoto, a dimostrazione del fatto che il talento, anche se non è corredato da una firma celebre, si spiega da sé.
Le pareti ti abbracciano con i colori caldi delle pitture. In alcuni casi ingenue, ma non troppo. Singolare è la rappresentazione della Trinità in cui Padre e Figlio hanno gli stessi tratti e alla cui sinistra appare un San Bartolomeo scorticato che indossa come mantello la propria pelle. Nel martirio di San Sebastiano (prima arcata a sinistra) ai lati del martire si vedono i due carnefici che, con sguardo perfido, tendono l’arco per colpirlo l’ennesima volta. Una Crocifissione in bianco e nero ha un afflato macabro, così come il santo (Alberto di Trapani, presente in ogni chiesa carmelitana) che schiaccia sotto i piedi il diavolo. Sopra l’altare e alla fine di tutto appare una rasserenante Annunciazione.
Pace è il termine giusto per descrivere ciò che trasmette la Madonna del Carmine. E non sai se sia merito più degli ulivi (e dei molti vasi di piante posti ai piedi della facciata) all’esterno o, all’interno, dei muri dipinti. O forse è merito di entrambi. In ogni caso, da qualsiasi fonte arrivi la pace di questi tempi è sempre la benvenuta.
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