Sant’Alessandro da Brescia e la Bellezza che va accudita

Due Alessandri si ricordano il 26 agosto. Uno, più famoso, del III secolo, è il patrono di Bergamo, l’altro è bresciano. Entrambi furono decapitati. Se a ciò si aggiunge il fatto che le biografie dei santi delle origini sono assai scarne risulta chiaro come i due siano confondibili.
Colui di cui parliamo nasce a Brescia nel I secolo, trascorre un periodo in Provenza e al ritorno è vittima delle persecuzioni contro i Cristiani volute da Nerone, crudele per antonomasia.
La chiesa di Sant’Alessandro e l’opera perduta
Dedicata a questo Alessandro diciamo minore (e anche un po’ all’altro) è la chiesa di Sant’Alessandro a Brescia, fondata nel V secolo dal vescovo Gaudioso e dopo il Mille affidata ai frati Serviti. A partire dal Quattrocento arrivano i grandi artisti, di cui sono presenti testimonianze: Jacopo Bellini per il Quattrocento, Lattanzio Gambara per il Cinquecento, Grazio Cossali per il Seicento. Di altri, tipo Moretto e Romanino, resta il ricordo.
È del 1790 il dipinto dell’altare maggiore, il Martirio di Sant’Alessandro. Il quadro è parte di un’iniziativa che oggi riterremmo bizzarra: poiché si è deciso di ammodernare la chiesa viene alienata la pala d’altare. È vecchia e venderla è utile a finanziare la ristrutturazione. Viene sostituita con la tela di cui sopra, commissionata a un pittore veneziano di trent’anni, Pietro Moro. E qual è il polittico ritenuto obsoleto? Un capolavoro del Romanino, oggi esposto alla National Gallery di Londra.
Quello nel quadro del Moro è l’Alessandro bresciano, ritratto con mani e piedi forati, particolare iconografico non presente nel martirio del suo omonimo bergamasco. Viene mostrato il momento precedente l’esecuzione. Il condannato è trattenuto con corde da brutti ceffi, mentre il boia, ascia in mano, fissa la vittima, pronto a mozzargli la testa appena riceve l’ordine dal prefetto di Roma, seduto su uno scranno vicino alla scritta Spqr. Alessandro, al centro, irradiato di luce, fissa il cielo che lo attende.
Una lezione che guarda oltre
Quale insegnamento trarre da ciò? Forse questo. A volte ci si libera di cose sul momento ritenute inutili. Ma il Bello non risiede in ciò che vedi, o meglio non solo in esso. Può nascondersi in ciò che non vedi, che elimini perché non ne comprendi il valore. Com’è accaduto all’opera di Romanino, non rubata, bensì venduta. Altri tempi e altra sensibilità, ma il vuoto resta.
Viene da pensare che Alessandro bresciano alzi gli occhi al cielo per raccontare del suo sacrificio e anche di quello di ciò che c’era prima di lui. Ci chiede di rivolgere l’attenzione a ciò che conta. Distrazioni ed errori passati non devono costituire un pretesto, anzi sono una ragione in più per vigilare e guardare oltre, in tutti i sensi. Proteggere la Bellezza e l’Innocenza è uno scopo primario. Una volta che si è compresa tale priorità il resto dovrebbe venire da sé. E se non viene da sé significa che bisogna impegnarsi di più.
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