Percorso mistico con San Michele, tra eremo e orrido

La Valle San Michele a Tremosine è percorsa dall'omonimo fiume, il San Michele (appunto), che nasce sul Monte Tremalzo e si getta nel Garda nel modo più spettacolare possibile attraverso l'Orrido di San Michele (ecco), che è tutto fuorché orrido.
Siamo nell'Alto Garda Bresciano, all'incrocio di due sentieri, uno proveniente da Tremosine e l'altro da Tignale, che poi si biforcano di nuovo verso il Trentino. Natura rigogliosa, alberi, verde, acqua che scorre, il posto è ideale quando si ha bisogno di pace, di fresco, di arieggiare la mente. È imprescindibile, una volta qui, fare un salto all'Eremo, indovinate intitolato a chi? San Michele.
Perché proprio lui? Per via dei Longobardi, che nell'VIII secolo fondarono la chiesa e la intitolarono al loro santo preferito. Michele, patrono della Polizia di Stato, dei Vigili del Fuoco e di altri corpi militari, è un principe delle milizie celesti, un combattente contro il Male ed è spesso rappresentato come un guerriero che trafigge un drago o schiaccia Satana sotto i piedi. Tale iconografia richiama il fuoco (i draghi lo sputano, i diavoli ci vivono in mezzo) e forse per questo in antico i carbonai e i lavoratori delle fucine, qui a quei tempi numerosi, gli erano devoti, poiché a loro modo combattevano contro il fuoco. Il caldo torrido brucia e scotta ed è più che legittimo scongiurarlo raggiungendo questa valle e il suo piccolo tempio, il quale all'inizio non era un eremo, bensì solo una pieve, forse la più antica di Tremosine. Trecentesca, è ad aula unica con abside poligonale e tetto a capanna, nude le pareti in questo spazio dal profondo e percepibile afflato mistico.
Divenne un eremo nel 1679 quando il sacerdote Florenio Feliberi costruì il romitorio (una lapide ricorda l'evento) e vi si trasferì fino alla morte, diventando di fatto il primo eremita. Florenio ebbe successori per più di un secolo. In seguito il sito venne abbandonato, per poi di recente essere affidato ai Francescani. Questa chiesina così silenziosa, spoglia, scarna come un eremita che da decenni si sottopone a digiuni sembra contrapporsi alla natura tripudiante che la circonda. Ma il suo fascino risiede proprio nella sua essenzialità, nel suo assomigliare a una sorta di mini-fortificazione dello spirito in mezzo al lussureggiare delle tentazioni, al brivido seducente del salto della cascata.
A ben pensarci forse la contrapposizione non c'è: monte, fiume, chiesa e cascata sono aspetti di un percorso mistico più complesso, che porta alla consapevolezza che trovare se stessi implica introspezione, ma anche ricongiungimento con la vita e balzi della Fede, che si fanno avendo il coraggio sia di fermarsi a meditare sia di gettarsi nel vuoto (in senso metaforico, ovviamente). Così San Michele ci guida non in un luogo separato dal mondo, ma in un portale verso di esso. Non in una fuga, ma in un ritorno.
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