I simboli dell’Immacolata di Galeazzi, che poggia i piedi sulla luna

La tela del tardo Cinquecento conservata al Museo Diocesano racconta, con una ricca trama di riferimenti biblici e iconografici, la figura di Maria e il suo ruolo nella tradizione cristiana
L’«Immacolata Concezione» di Agostino Galeazzi
L’«Immacolata Concezione» di Agostino Galeazzi
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«Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle». È un passo dell’Apocalisse di San Giovanni e parla di lei, Maria, immune dal peccato originale, nata per portare nel mondo la redenzione, anzi il Redentore.

La donna vestita di luce

Una falce di luna, simbolo tipico di tale rappresentazione, si trova sotto i piedi di questa Immacolata Concezione, piccolo olio su tela conservato al Museo Diocesano di Brescia. In cielo, per onorare tale donna, brillano insieme luna e sole.

Tra i due corpi celesti (entrambi dotati di volto) stanno il Padreterno e la colomba dello Spirito Santo, che avvolgono l’uno con le braccia e l’altro con le ali questa creatura eletta, che non ha stelle sulla testa né un abito di sole, ma la luce scende su di lei dall’alto e insieme s’innalza dalla sua potente aura.

L’Immacolata e i suoi simboli

Molti i simboli a lei associati presenti sulla tela. La luna crescente indica prosperità, i gigli rimandano alla purezza, le rose senza spine alla bellezza che trascende l’esteriorità.

Vicino alla Vergine, appoggiato a terra (essendo lei per nulla incline alla vanità) uno specchio che ne riflette la perfezione. Intorno a lei la fontana della Giustizia e un ruscello di acqua limpida come la sua anima. Un tenero bambino attinge acqua da un pozzo e un paffuto Gesù, tutto bianco, appoggia i piedini sulla salda mano di sua Madre.

La torre d’avorio a destra rappresenta l’integrità morale della Madonna, rifugio sicuro per chi si affida alla sua protezione. Palma, cedro e cipresso la circondano, a ribadire le virtù della Signora di questo giardino da sogno. Dietro di lei la città ideale, quella alla cui costruzione si suppone tutti dovremmo contribuire, aiutando colei che per prima approvò il progetto.

L’opera di Agostino Galeazzi

L’opera pare quasi d’ispirazione fiamminga e invece è di Agostino Galeazzi, allievo di Moretto che la realizzò alla fine del Cinquecento e, per esplicitare i molti simboli utilizzati, aggiunse alcune scritte, di cui oggi due risultano ancora leggibili: Sicut lilium inter spina (come il giglio tra le spine) e Sicut palma in Jerico (come una palma a Gerico). Altre qualità della Vergine.

In questo dipinto complesso, oltre ai rimandi all’Apocalisse, ve ne sono alle Litanie Lauretane e al Cantico dei Cantici, ma le citazioni non appesantiscono la freschezza dell’insieme, che sembra più antico rispetto all’epoca in cui fu realizzato, forse per illustrarci quanto sia senza tempo Colei che poggia i piedi sulla luna, fa crescere gli alberi, sgorgare l’acqua dal nulla e che con piglio energico regge il destino del Mondo.

Non serve avere fede per dare fiducia a una persona così, capace di far coesistere luce e buio. Ti guarda dal quadro, e da un altrove forse non così irraggiungibile, con sguardo fiero e diritto, forte e sicura come una torre, trasparente e libera come l’acqua.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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