L’angelo di Raffaello alla Tosio Martinengo: la storia dell’opera

Un capolavoro giovanile di Raffaello, nato per la Pala Baronci e disperso dopo il terremoto del 1789, oggi vive in più musei del mondo. A Brescia è conservato l’angelo che il conte Paolo Tosio acquistò senza sapere di avere tra le mani un frammento del genio urbinate.
L’«Angelo» di Raffaello Sanzio è alla Tosio Martinengo
L’«Angelo» di Raffaello Sanzio è alla Tosio Martinengo
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La Pala Baronci, dedicata all’Incoronazione di San Nicola da Tolentino, fu realizzata dal giovanissimo figlio, nonché promettente studente, del pittore Giovanni Santi. Era un artista esordiente di 17 anni, il quale in quell’occasione lavorò con Evangelista Pian di Meleto, anch’egli allievo di Giovanni. Fu eseguita tra il 1500 e il 1501, più Rinascimento di così non si può.

Tra Brescia e il mondo

Questo ragazzo sapeva già tutto di pittura e avrebbe fatto una carriera folgorante. Si chiamava Raffaello Sanzio. Una porzione di quest’opera complessa, ovvero un angelo, è alla Pinacoteca Tosio Martinengo.

Esiste un altro angelo esposto al Louvre, mentre la parte più ingente della pala, l’Eterno tra Cherubini e testa di Madonna, è al Museo Nazionale di Capodimonte. «Nicola da Tolentino resuscita due colombe» (arrostite, che il santo non volle mangiare in quanto vegetariano) è al Detroit Institute of Arts, mentre «Nicola e gli impiccati» (un inno contro la pena di morte) è al Museo Nazionale di Palazzo Reale a Pisa.

La dispersione della pala

L’opera era stata commissionata dagli Eremitani della chiesa di Sant’Agostino a Città di Castello, dove rimase esposta per quasi tre secoli. Era il 1789 quando un terremoto colpì l’edificio, danneggiando gravemente sia esso che il suo contenuto. I Padri Agostiniani, per recuperare un po’ di soldi, vendono ciò che resta del dipinto a Pio VI, il quale ne fa realizzare una copia, che servirà in seguito per ricostruire l’aspetto dell’originale. A Roma l’opera viene smembrata per salvare il salvabile, ma nel 1789 arrivano le truppe napoleoniche e le cinque parti rimaste, come si è visto, prendono ciascuna una strada diversa.

L’arrivo a Brescia

Il Conte Paolo Tosio acquista il nostro caro Angelo, che gli viene però venduto come ritratto di giovane. Le ali erano state nascoste e il capolavoro, un olio su tavola riportato su tela, era stato modificato per sembrare un quadro a se stante e non una parte di qualcosa di più ampio.

In effetti basta lui solo, questa creatura eterea e contemplativa, a indicarci che esiste qualcosa di più ampio. In origine guardava San Nicola e l’altro angelo, ora ammira l’infinito e sembra che lo veda davvero. Anzi, sta osservando di sicuro il Divino e l’Eternità sulla cui esistenza tutti vorremmo sapere di più. Viene da pensare che il suo giovanissimo autore riuscisse a intuire ciò che egli stesso ha nascosto in quello sguardo. Chi può dirlo?

Quando si entra nel mistero di un così grande talento non si può che rimanere ammaliati e confusi. Certo quell’Essere Alato è molto più di ciò che appare. Appartiene a ciò che comprendiamo essere superiore a noi, al concetto di inarrivabile, la cui origine e il cui scopo ci sfuggono. «Il nostro cervello è solo un ricevitore. – scriveva Nikola Tesla. – Nell’universo c’è un nucleo dal quale otteniamo conoscenza, forza, ispirazione. Non sono penetrato nei segreti di questo nucleo, ma so che esiste».

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