Capodanno, il tempo che passa e il silenzio che serve

Tra brindisi, buoni propositi e inquietudini, l’inizio dell’anno invita a fermarsi. I dipinti di Antonio Cifrondi diventano una chiave simbolica per riflettere sul tempo e sul valore del silenzio prima di ricominciare
Un particolare di «Vecchio che invita al silenzio» di Antonio Cifrondi
Un particolare di «Vecchio che invita al silenzio» di Antonio Cifrondi
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Capodanno, cambio di data che tutti aspettiamo con ansia, chi come un anticipo d’Apocalisse, chi come un bidone di sorprese, chi come una culla di buoni propositi da più o meno disattendere.

A volte, mentre festeggiamo la mezzanotte del primo gennaio, ci balena il sospetto che siamo lì svegli e attenti e con i calici in mano per accertarci che l’alba arrivi davvero. Così ridiamo e brindiamo e balliamo per dimenticare la nostra fragilità. Legittimo divertirsi, ma un momento di riflessione ci vuole. Quando finisce un anno servono un po’ di buio e di silenzio.

Il tempo dipinto

In un dipinto di Antonio Cifrondi, da uno sfondo nero come l’abisso appare un vecchio (sempre che si possa sdoganare questa parola, altrimenti si può dire anziano, diversamente giovane o bebè di una volta). In una mano ha il bastone, mentre l’indice dell’altra è davanti alla sua bocca in un chiaro invito a tenere la bocca chiusa.

Da qualche parte nella tela (bisogna cercare con attenzione) compare la scritta «Aut bene. Aut nihil», o bene o niente. Sembra parte di una citazione, anzi di due: la prima afferma che dei morti o si dicono belle cose o è meglio tacere, la seconda era il motto del molto ambizioso Cesare Borgia: «aut Caesar aut nihil» (o al vertice del potere o nulla). Insomma, una frase a metà tra un’esortazione a pensare prima di parlare e un incitamento a essere più ambiziosi. Perché non abbracciare entrambe le ipotesi prima di entrare in un nuovo ciclo vitale?

Sempre dello stesso autore ci sono il Vecchio sotto la neve e il Vecchio con la clessidra. Il primo cerca inutilmente di ripararsi con un palmo dalle intemperie alle quali è esposto, il secondo fissa i granelli di sabbia che scendono e, resosi forse conto dell’implacabilità dello scorrere dei secondi e della vita, si spaventa. E ha ragione.

Il Vecchio sotto la neve e il Vecchio con la clessidra di Antonio Cifrondi
Il Vecchio sotto la neve e il Vecchio con la clessidra di Antonio Cifrondi

Tutti e tre rappresentano il Tempo, che, meteorologico, fisico o metafisico che sia, ci colpisce, ci governa, ci sfugge e ci inquieta. In più è limitato, considerazione che ci riporta alla citazione sul primo dipinto (sarà un caso che la scritta sia poco leggibile?), che la dice lunga sull’endemica incapacità dell’essere umano di onorare le buone intenzioni e mantenere le promesse.

O bene o niente

Eppure permane la speranza che, nel muto impegno e nella meditazione, quella frase sbiadita emerga dall’oscurità e diventi visibile e vera. O bene o niente. Certo, l’incombenza di quel «niente», sfruttabile come pretesto per impigrirsi o rinunciare, si sente eccome, ma fare le cose come si deve è un gran bel proposito per l’anno nuovo.

Fare bene, così come fare il bene, implica amore per sé e per gli altri, umiltà, dedizione, generosità. Porta fuori dall’oscurità, tonifica, ringiovanisce ed è il modo migliore per affrontare l’alba del giorno uno. E tutti quelli dopo, senza scuse.

«Oggi non faccio niente. Anche ieri non ho fatto niente, ma non avevo finito».

(Snoopy)

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