Dal «Convito di Baldassarre» al pranzo di Natale

Tra la tela settecentesca di Giuseppe Tortelli e le tavole delle feste di oggi, un confronto ironico e riflessivo sui rituali del Natale, tra abbondanza, tensioni familiari e il rischio di dimenticare il senso dell’attesa
Il «Convito di Baldassarre», opera di Giuseppe Tortelli
Il «Convito di Baldassarre», opera di Giuseppe Tortelli
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Eccoci arrivati al solito cenone/pranzone da epuloni che si scambiano doni e si abbuffano di cibo e stantie emozioni. Il Natale, in cui si festeggia la venuta al mondo del Povero Cristo per antonomasia, è giustamente considerato il momento migliore per sfoderare la propria vera o presunta riccanza. E fin qui siamo tutti d’accordo.

Si prepara ogni cosa con cura, ma spesso si dimentica di portare con sé la simpatia verso i commensali e l'empatia nei confronti del prossimo in generale e in specie di chi, al posto di celebrare l'evento, fa cose tipo lavorare o essere malato o essere povero. Ciò che accomuna i più è la gozzoviglia, vuoi perché è tradizione vuoi perché è un modo per sopportare il fatto di non trovarsi disgiunti dai congiunti. E anche fin qui continuiamo a essere d'accordo.

Guardate con attenzione il «Convito di Baldassarre», poi chiudete gli occhi e, fatti i dovuti distinguo, immaginate il vostro 25 dicembre: vero che un po’ vi riconoscete? Ovvio, i protagonisti dell’opera di Giuseppe Tortelli sono uno spettacolo più sobrio ed elegante di quello a cui partecipate ogni anno. In più essendo pitturati non parlano e questo vuol dire già molto.

L’opera

In ogni caso la settecentesca tela esposta alla Tosio Martinengo di Brescia ricorda il tipico pranzo di Natale o Vigilia in cui si sfoggia il «servizio bello», peccato che in questo caso le stoviglie dell'ultimo re di Babilonia (Baldassarre, appunto) siano gli arredi sacri sottratti al Tempio di Gerusalemme. Gli ospiti sono ritratti in un momento di scompiglio.

Cosa è accaduto?

Questo: si stavano divertendo quando si è verificato un incidente diplomatico, o per meglio dire fantasmatico. Infatti è apparsa dal nulla una mano (in alto a destra del quadro) che ha iniziato a scrivere sul muro la profezia in aramaico circa l’imminente fine di Babilonia (manel, techel, phares), da cui lo sconcerto. Qualcosa di simile a ciò che capita durante un normale convivio natalizio, quando dal nulla sorge la discussione che arriva prima o dopo spumante e panettone (ma che ti credi di fare?). Il padrone di casa si agita unitamente agli ospiti e la festa assume una piega poco piacevole. Un classico, insomma.

Come evitare di trasformare in un incubo l’arrivo del Redentore?

Rimanendo calmi, dimenticando orgoglio e rancore, astenendosi dal rinfacciare episodi accaduti in altre ere geologiche, trattenendo infantili gelosie. E, anche se vent’anni fa, quando è morta la bisnonna, tuo cugino si è impadronito del centrotavola che volevi tu, perché non cogliere l’occasione per superare finalmente il trauma? Impara a non dare troppa retta a chi, durante un pacifico simposio, parla e giudica come se stesse scrivendo profezie sul muro. Anzi, sii il primo a non farlo. E il baccaNa(ta)le sarà un Paradiso.

«Senza tolleranza, il nostro mondo si trasforma in un inferno».

(Friedrich Dürrenmatt)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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