Un anno di pandemia: T come tutto andrà bene, teatro e tamponi

Abbiamo l’orgoglio di rivendicare la genesi bresciana dell’«atto poetico collettivo più grande della storia»
Uno dei post-it che rallegrarono le giornate buie dell'emergenza Covid - © www.giornaledibrescia.it
Uno dei post-it che rallegrarono le giornate buie dell'emergenza Covid - © www.giornaledibrescia.it
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Tutto andrà bene

Vale anche un anno dopo. Varrà sempre. Perché si pronuncia oggi ma è una cambiale per il futuro. E se il futuro non lo possiamo designare, lo possiamo disegnare. Non è certo che tutto andrà bene. Anzi, è certissimo. Non è certo se si guarda con gli occhi di ieri, di oggi. È certissimo se si guarda con quelli di domani. Si tratta di credere in un futuro più universale che personale. 

Sono uno dei 27 che ha dato il via al movimento, pur senza saperlo né volerlo. Era una bella festa di compleanno quel 22 febbraio 2020. Amici provenienti da ogni dove, con un’idea non nuova ma comunque originale. Così, senza motivo, per «insensata bellezza». Appiccicare per le strade delle proprie città, dei propri quartieri, post-it colorati con la scritta Tutto andrà bene, oppure regalare bigliettini ai passanti, o esporre cartelloni e striscioni. Già dal 2014 Luciana Landolfi, la poetessa concittadina che ebbe l’intuizione, a più riprese aveva lasciato segnali dei suoi colorati passaggi. Si trattava di replicare moltiplicando. 

Della pandemia c’erano avvisaglie, ma l’azione era stata preparata tempo prima. Mai avremmo immaginato che, di lì a poche settimane, quell’idea, quel gesto, si sarebbero propagati a livello nazionale e internazionale. Abbiamo l’orgoglio di rivendicare la genesi bresciana dell’«atto poetico collettivo più grande della storia», di quel fiorire di iniziative colorate che hanno avuto il merito di impegnare migliaia di persone, distraendole per un po’ dalla paura e offrendo speranza, come ha ricordato il sindaco Emilio Del Bono premiando con una targa Landolfi. Per la quale Tutto andrà bene è più di quel che dice. «È una magia, una preghiera, un grazie. Non è a torto, non è a ragione, è per le cose che dovranno venire».
Roberto Bernardo

Teatri

Maschere della commedia italiana in uno dei teatri bresciani - © www.giornaledibrescia.it
Maschere della commedia italiana in uno dei teatri bresciani - © www.giornaledibrescia.it

Il Grande. Il Massimo cittadino chiude per la pandemia. Al pubblico offre lo streaming di Operadomani, e i concerti registrati nella Sala vuota e trasmessi su Classica HD e su Teletutto, e postati sui social. E, struggente, la filodiffusione, che dalla terrazza del teatro affacciata su corso Zanardelli, come un ciclico prodigio si manifesta il mercoledì e il venerdì dalle 11 alle 17, a ricordarci che la bellezza c’è sempre, anche se al momento non la possiamo vedere e ascoltare.

Il Ctb. Quanto al Centro Teatrale Bresciano - lo Stabile cittadino divenuto teatro di rilevanza culturale dopo la riforma Franceschini -, a porte chiuse affida il rapporto con il pubblico allo streaming (oltre 60mila visualizzazioni tra webserie e video teatrali), e dietro le quinte continua a sfornare le sue produzioni (tra l’altro con Lella Costa e Maria Paiato). Ma niente debutto e niente tournée. Solo attesa.
Paola Carmignani

Teatranti

Luci in scena. Tra le immagini del lungo stop ai teatri, ci resta nella memoria - documentata da un video - l’azione teatrale Luci in scena, realizzata lunedì 15 giugno 2020 tra piazza della Loggia e il Teatro Romano. Valeria Battaini alla guida di un centinaio di teatranti e artisti dello spettacolo dal vivo, che, il volto coperto da mascherine chirurgiche, attraversano la città e simbolicamente si riappropriano dello spazio del Teatro Romano. Tra nomi storici e giovani artisti, spicca la chioma rossa di Erika Blanc. Quelle persone corrispondono a numeri significativi: in un anno sul territorio bresciano 3000 spettacoli, 75 rassegne, 43 festival, 2258 associati, 822.964 spettatori, 379 corsi, 141 spazi gestiti. Tutto fermo causa Covid.

Miracolo a Padernello. Nel Bresciano la pandemia diventa poesia del compianto in Lasciami venire con te, rappresentazione teatrale itinerante nella natura (e sul ponte di Giuliano Mauri) con approdo al Castello di Padernello, coordinata da Giacomo Andrico e dal gruppo Quarta Dimensione (con lui Giuseppina Turra, Elena Strada, Claudio Smussi) il 30 e 31 luglio 2020. Toccante poesia visiva che prova a lenire le ferite di un’epoca.
Paola Carmignani

Tamponi

I tamponi drive-through si spostano nell’area di via Morelli - Foto © www.giornaledibrescia.it
I tamponi drive-through si spostano nell’area di via Morelli - Foto © www.giornaledibrescia.it

I tamponi sono uno dei cardini del contact tracing e del contrasto alla diffusione del virus. Dalle prime ore della pandemia. Prima indisponibili in quantità adeguate, ricercatissimi, poi meno quando è stato chiaro che una positività significava isolamento e attesa, consapevolezza e obblighi conseguenti anche in caso di assenza di sintomi. Manifestamente imperfetti (con margini di errore per falso positivo o falso negativo da percentuale in doppia cifra), diagnostici e di controllo, orofaringei e nasofaringei a seconda dei casi. Di produzione nazionale (e bresciana: leggi Copan) o straniera. Una presenza che ha affollato i mesi della pandemia, fin alla cabala ingegneristica quotidiana della definizione dell’indice di positività parametrato sui contagi riscontrati in base al numero totale di tamponi eseguiti.

Mi è capitato di farne uno dopo un test sierologico risultato (erroneamente) positivo. Guardavo tutte le persone in coda, come ora guardo alla farmacia a due passi da casa dei miei la fila in attesa e come, quando mi capita di passarci, osservo le auto in coda ai gazebo di via Morelli. Dentro di me pensavo (e penso) alla probabilità che ci siano contagiati in quella teoria di persone, alle quali in pochi istanti, può cambiare una fetta di vita. Il male minore. Perché fuori dalla panetteria e dal market a pochi passi a volte c’è una fila analoga. E lì di consapevolezza del contagio non se ne aggiungerà alcuna. Di rischi per chi attende il turno e magari si scosta la mascherina insofferente, sì.

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