Italia e Estero

«Tutto andrà bene»: il messaggio da Brescia al mondo

Nei giorni del coronavirus, biglietti e cartelli con un messaggio di speranza si diffondono lungo le strade grazie a una poetessa bresciana
  • I biglietti con il messaggio «Tutto andrà bene»
    I biglietti con il messaggio «Tutto andrà bene»
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    I biglietti con il messaggio «Tutto andrà bene»
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L’importanza delle parole, di una semplice frase. «Tutto andrà bene»: è questo il mantra partito da Brescia alla fine di febbraio e diffuso ormai in tutta Italia con bigliettini lasciati per strada o cartelloni che colpiscono i passanti in questi giorni particolarmente complicati, segnati dall’emergenza coronavirus.

«Tutto andrà bene» non risolve il problema, ma aiuta a leggerlo in maniera diversa. Ne è convinta la poetessa bresciana che ha dato vita a questo movimento dal basso: «Abbiamo fatto un incontro, una festa, c’erano 26 persone provenienti da diverse zone d’Italia e io mi sono presentata con 900 bigliettini già preparati da me - racconta la scrittrice -. Ho calcolato che per farne 200 servono circa 45 minuti e ho invitato gli altri a seguire il mio esempio».

In poco tempo, sono stati preparati seimila biglietti che hanno iniziato a diffondersi a Brescia, ma anche a Bergamo, dove i negozianti preoccupati per la situazione hanno letto i messaggi sulle loro saracinesche. «La frase ha avuto una grande eco, si è diffusa molto velocemente, mi sono arrivate fotografie da Milano, Roma, Firenze, Varese, Verona, dalla Sardegna, ma anche dalla Svizzera», spiega la poetessa che preferisce rimanere anonima. «È bello che sia tutto gratuito e incondizionato, che non sia legato a una singola persona», dice. Anche perché chiunque può partecipare riproducendo il messaggio in ogni luogo.

 

Il messaggio comparso a Mompiano - Foto Tommaso Altamura
Il messaggio comparso a Mompiano - Foto Tommaso Altamura

 

Non è la prima volta che l’interessata distribuisce questo tipo di biglietti, ma negli anni scorsi non c’era stata questa attenzione. Segno del fatto che proprio ora c’è particolarmente bisogno di una frase così. Si ritorna dunque all’importanza delle parole, sia in un senso, sia nell’altro, nell’era del coronavirus. «Non voglio nominare nemmeno quella parola - spiega - perché più la nomini e più le dai importanza. L’evento in se stesso rimane, ma è come viene raccontato che dà la carica emotiva attorno all’evento. Abbiamo tutti una grande responsabilità perché le parole ti rimangono dentro». 

Resta comunque la preoccupazione e il dolore di questi giorni, la fatica e anche la paura di chi deve sopportare l’impatto del coronavirus. Tutto ciò non viene negato: «Tutto andrà bene si dice a un malato, a un bambino, a chi parte, anche a chi deve sopportare un lutto. Ho scelto di non dire "tutto va bene", perché non è vero. Ma rivolgendo il verbo al futuro si dà un respiro verso il domani. Senza quello, non si fa più niente, dalle cose più semplici alle imprese. Non posso non sperare, non posso non essere io la speranza. La speranza che ti fa agire, che non ti fa cadere nell'assenza».

 

 

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