Un anno di pandemia: B come Brescia-Bergamo e bisogni

Quello striscione sospeso sul ponte che ha unito Paratico a Sarnico, simbolo di una fratellanza
Emilio Del Bono e Giorgio Gori: i sindaci di Brescia e Bergamo al Viridarium in Santa Giulia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Emilio Del Bono e Giorgio Gori: i sindaci di Brescia e Bergamo al Viridarium in Santa Giulia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Brescia-Bergamo

A me è rimasta impressa l’immagine di quello striscione sospeso sul ponte che unisce Paratico a Sarnico. «Divisi sugli spalti, uniti nel dolore». Un messaggio che senza nulla togliere ad una rivalità calcistica storica, rendeva quel ponte un emblema di unione davanti ai fatti della vita, quelli che fuori dal campo non conoscono cesure o differenze. Accomunano gli uomini.

Un messaggio venuto dal basso e dal mondo del pallone, non sempre additato a emblema di civiltà, che ha bruciato le tappe e battuto sul tempo anche la sfera istituzionale. Quella che in regime di pandemia, davanti all’ondata mortifera che si è schiantata come uno tsunami sulla terra bresciana e sulla provincia orobica senza badare a su quale sponda dell’Oglio fosse, ha elevato la Leonessa e la città dei Mille a capitali della Cultura per il 2023. Quasi a tessere con un filo speciale, omaggio alle infinite vittime mietute di qua e di là da quel ponte, un’ulteriore unione tra spalti e musei, tifoserie e municipi, che fa quasi specie a dirsi: fratellanza.
Gianluca Gallinari

 

Bisogni

Il coronavirus ha colpito la salute, la vita quotidiana, l’economia, gli equilibri sociali, la stabilità psicologica delle persone, creando tanti nuovi bisogni. L’attenzione generale si è posata soprattutto su quelli immediati, a partire dalle povertà in crescita. Pensiamo all’esercito di lavoratori precari, instabili, in nero, stagionali, alle famiglie appena sopra la soglia della povertà trascinate in basso. Con il grosso punto interrogativo sul futuro riguardo a cosa potrà succedere quando finirà il divieto dei licenziamenti.

Ma altre emergenze stanno già lasciando il segno. In particolare su adolescenti e giovani. L’emergenza educativa, ad esempio. Due anni di scuola tribolata, fra Dad e presenza, non aiutano certo. Chi era già in condizioni di fragilità rischia di soccombere (ma anche i più bravi soffrono). Non è solo una questione morale e di equità: una società che lascia indietro i giovani è destinata a morire. Allo stesso modo, sta crescendo fra gli adolescenti il disagio psicologico, un malessere da solitudine, che scava nell’animo, può portare anche all’autolesionismo e al suicidio. È un problema strisciante, verso cui le famiglie sono per lo più sole e disarmate. Il Covid sta disarticolando il nostro modo di vivere. Dal lavoro alla mente.
Enrico Mirani

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