Italia e Estero

Tutta la resilienza che serve per quest'anno senza primavera

L'emergenza, l'isolamento, la solitudine, il lutto: come affrontare tutto questo contollando ansie e paure? Lo abbiamo chiesto a un'esperta
La primavera, colta di notte alla finestra durante la quarantena - Foto Dario Pagnoni © www.giornaledibrescia.it
La primavera, colta di notte alla finestra durante la quarantena - Foto Dario Pagnoni © www.giornaledibrescia.it
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Nel 2020 nessuno in Lombardia ha visto davvero arrivare la primavera. Quando è sbocciata da un giorno all'altro, molti erano già chiusi in casa, in isolamento domiciliare per fronteggiare l'epidemia di coronavirus che ha flagellato la regione e poi il resto d'Italia. All'annuncio del lockdown, la sera del 22 marzo, l'equinozio era scattato da meno di un giorno. Non c'è stato il tempo di gioire della natura che si risveglia o di scrollarsi di dosso l'inverno: siamo rimasti intrappolati in un limbo spazio temporale, in cui la vita di ognuno si è messa in pausa.

Un trauma emotivo, a cui si aggiungono la paura e l'ansia di affrontare un fenomeno inedito, del quale non si conosce la fine. Questa sensazione di stallo, soprattutto se fronteggiata in solitudine e a lungo, può mettere in difficoltà le persone più fragili. Secondo uno studio pubblicato dalla rivista scientifica britannica The Lancet, le persone analizzate dopo giorni di quarantena «riportano in generale sintomi psicologici come disturbi emotivi, depressione, stress, disturbi dell’umore, irritabilità, insonnia e segnali di stress post-traumatico». I ricercatori del Dipartimento di psicologia medica dell’università King’s College di Londra hanno evidenziato come tra i soggetti più a rischio ci siano i medici e gli operatori sanitari, che nei prossimi mesi potrebbero andare incontro a burnout, ma anche gli anziani, i bambini, i malati cronici e chi già soffre di disturbi mentali, anche lievi.

Abbiamo chiesto a Francesca Ferronato, psicologa e psicoterapeuta, di affiancarci nella scoperta degli strumenti che ognuno di noi ha per vivere al meglio questa condizione. Prima, un appello: «Lavoriamo sulla prevenzione: prendiamoci cura di noi stessi e di quello che stiamo sentendo in questo momento, facciamo in modo di non lasciare inascoltate le angosce, perché il rischio è tenere duro ad ogni costo finché siamo in emergenza e poi buttare fuori tutto insieme. Impariamo a prenderci cura di noi da subito: ci sono tanti colleghi psicologi che si sono già mossi per attivare servizi gratuiti: usiamoli»

Questo 2020 sarà ricordato anche come l’anno senza primavera: tutti in isolamento, mentre il mondo fuori va avanti. Quali sono le strategie per non farsi sopraffare dall’ansia?

Partiamo dal presupposto che l'ansia non è generata tanto da un evento esterno, quanto dai pensieri che noi facciamo riferiti a quell'evento. In questo caso, l'ansia è generata non dall'epidemia in sé, ma da pensieri ansiogeni come «mi ammalerò sicuramente, morirò, contagerò i miei cari». Si tratta di pensieri disfunzionali e catastrofici, che dobbiamo essere in grado di riconoscere e poi contrastare. Un metodo molto pratico è scriverli e cercare di capire se sono reali o no. Un altro aspetto che può essere d'aiuto è scegliere di affidarsi solo a informazioni veritiere e certficate. Ci sono cose che non possiamo controllare, come la fine dell'epidemia, ma altre che sì, come scegliere di stare a casa, al sicuro. Dunque, non appena arriva il pensiero ansiogeno, è necessario attivare subito strategie concrete per contrastarlo.

Una delle cose che spaventa molto in questi giorni è l’incertezza. Come tranquillizzarci?

Ci siamo trovati a modificare radicalmente le nostre vite, dunque l'incertezza è diffusa e comune a molti. Il primo aspetto su cui lavorare è ricreare una routine: anche se siamo a casa e non abbiamo impegni imminenti, possiamo seguire un ritmo. Ci devono essere le cose basilari, come i pasti e il sonno, ma anche altri aspetti per noi importanti: l'attività sportiva o frequentare dei corsi, ad esempio. Ci si crea una routine in modo che la mente si senta più protetta e più tutelata. Quando non si ha niente da fare, infatti, la mente va subito in agitazione. Non dobbiamo preoccuparci, ma occuparci, cercando di impiegare il tempo a disposizione come ci fa piacere.

Va bene pensare con insistenza al futuro, cioè a quando tutto questo finirà, oppure rischia di non farci vivere il presente in modo consapevole?

Non avere il controllo della situazione ci mette ansia e agitazione. In questo momento pensare troppo al futuro rischia di essere deleterio perché oggettivamente non si ha una data certa della fine dell'epidemia: la difficoltà è che ci si muove giorno per giorno. Va bene andare avanti con il pensiero, immaginando cosa ci piacerebbe fare dopo la quarantena e nella vita futura in generale, però è importante pensare anche a come realizzarlo giorno per giorno. Uno sguardo avanti nell'ottica di avere una meta e una direzione fa bene, ma rimanendo agganciati al presente, al qui e ora.

Il lutto in questo momento non può essere elaborato in modo tradizionale. Cosa consiglia a chi ha perso un caro senza poterlo salutare?

La condizione di chi ha perso un proprio caro a causa del Covid-19 è disumana, perché chi vive il lutto oltre a non aver potuto salutare, sta vivendo in prima persona l'isolamento, dovendo occuparsi anche di sé. Ai miei pazienti consiglio di lasciare andare le emozioni, tutto quello che provano, sperimentando ogni esternazione perché è un loro diritto. Far emergere tutto quello che sentono, anche la rabbia. Il mio consiglio è farsi aiutare e supportare e non esitare a chiedere un consulto nell'elaborazione del lutto, rivolgendosi alla rete di supporto psicologico gratuita attivata in gran parte dei comuni.

È​ probabile che tanti alla fine di questa emergenza si daranno da fare per modificare situazioni che non li rendono più felici: cambieranno lavoro, interromperanno legami tossici, rivaluteranno amicizie. Quali sono gli strumenti per prepararci al cambiamento?

Io mi auguro tantissimo che questa condizione inneschi il desiderio di cambiamento. Il senso di solitudine che stiamo sperimentando ci porta a vivere una dimensione molto più personale e introspettiva. Bisogna imparare a convivere con queste nuove consapevolezze. Quello che questa quarantena ci sta insegnando è che ci siamo contornati da aspetti materiali e rituali che ci sembravano fondamentali ma che non lo sono. Dobbiamo in primis accogliere quello che sentiamo e poi provare a metterlo in atto, per far sì che i desideri non siano solo meteore arrivate in un momento particolare, ma basi solide su cui costruire il domani.

 

 

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