Regionali 2023, record di astensione: così muore la democrazia

Il tasso di assenteismo record segnala una vera emergenza. Una malattia che rischia di diventare cronica e pregiudicare la salute delle comunità
Una donna al voto - Foto © www.giornaledibrescia.it
Una donna al voto - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Non è più un campanello di allarme. Ormai siamo all’emergenza democratica. Il tasso di assenteismo record, anche in terre come la nostra (i votanti sono scesi dal 76,5% al 45,3%), da sempre sensibile alla partecipazione, è una malattia che rischia di diventare cronica e di pregiudicare la salute delle nostre comunità, il loro equilibrio e la loro coesione sociale. L’astensione dal voto è l’effetto di un virus che si chiama soprattutto disinteresse verso la cosa pubblica, verso il destino della comunità, il futuro personale e collettivo.

L’individualismo prevale sul bene generale. Essere cittadini significa avere dei diritti, ma anche dei doveri. Se prevalgono i primi diventiamo soltanto, genericamente, «gente» o «consumatori». Fra i doveri, in una democrazia, c’è quello di partecipare alla costruzione del progresso comune. Il voto è solo l’ultimo momento di questo processo, che comprende lo sforzo di informarsi, capire, studiare, riflettere, scegliere. La crocetta sulla scheda è (dovrebbe essere) il momento di sintesi.

Nessuna scorciatoia

La democrazia è fatica, pazienza, dialogo, confronto, dialettica, scontro e compromesso. Non ci sono scorciatoie. Certo, in questi decenni tanti fattori hanno contribuito ad allontanare i cittadini dalla politica: il malaffare, la crisi dei partiti, la fine delle ideologie, l’assuefazione. Ma tutto ciò non giustifica la diserzione massiccia dall’impegno civico e civile, persino da quello più semplice di recarsi in un seggio elettorale.

Non è vero che tutti i partiti e i candidati sono uguali. Non è vero che tanto poi non cambia niente. Sono frasi superficiali sentite tante volte, spesso propalate da chi ha interesse che i cittadini rinuncino a farsi un’opinione per poi dire la loro. Tuttavia, per esprimere un’idea serve che prima essa si sia formata. Bisogna avere letto qualche giornale, visto qualche programma, avere almeno spulciato i programmi dei partiti. Insomma, essere informati e interessati. Ci vogliono tempo e fatica.

Bisogna andare oltre la sottocultura qualunquista veicolata dai social, avere voglia di scambiare idee con gli altri, privilegiare la condivisione invece del contrasto, non cadere nella trappola del presentismo, pensare al noi più che all’io. Senza la consapevolezza di appartenere tutti a un organismo delicato, fatto di relazioni e della necessità di prendersi cura gli uni degli altri, non c’è democrazia. A prevalere, in questo caso, è la forza del denaro e/o della violenza.

Un problema da affrontare

L’astensionismo non è un problema solo nostro. Tutto l’Occidente democratico ne soffre. Ma l’Italia, per la sua storia, ha meno anticorpi rispetto a Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti. Da noi certi valori sono meno radicati. Questa emergenza deve diventare una priorità da affrontare, un richiamo alla responsabilità di ciascuno di noi verso il bene comune. Miguel de Cervantes, nel suo Don Chisciotte, fa dire al Cavaliere errante: «Combattiamo contro tre grandi giganti, mio caro Sancho: l’ingiustizia, la paura, l’ignoranza». Questo, in fondo, è il senso della democrazia. Interessa ancora?

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