Quelle famiglie che non sanno dove vengono sepolti i loro cari

È un dramma nel dramma, il lutto ai tempi del coronavirus. Tanto che un marmista ha iniziato a fare le foto dei luoghi di sepoltura
Il vescovo Tremolada benedice i feretri al Vantiniano - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il vescovo Tremolada benedice i feretri al Vantiniano - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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È un dramma nel dramma, il lutto ai tempi del coronavirus. I malati che non ce la fanno muoiono da soli, in un letto di ospedale, e da soli vengono sepolti. Spesso i parenti sono in isolamento domiciliare perché sospetti positivi al Covid-19, essendo stati a contatto con il defunto, e non possono partecipare al rito funebre. Una breve benedizione al cimitero, per meglio dire, visto che non è consentito celebrare il funerale in chiesa per evitare assembramenti.

Sono tante le opere di pietas che, nel pieno dell'emergenza che sta flagellando il Bresciano, cercano di restituire un minimo di dignità a questa situazione. Chi si occupa dell'ultimo viaggio dei defunti sta dedicando alle famiglie colpite dal lutto un'attenzione ancora più sensibile. Lo fanno le onoranze funebri, che deviano il percorso dei carri sotto casa per concedere un ultimo saluto. Lo fanno anche coloro che si occupano delle lapidi, come un marmista di Brescia che da qualche giorno fotografa i luoghi di sepoltura, perché le famiglie non saprebbero nemmeno dove trovare il loro caro al cimitero.

I sindaci, mai come ora antenne dei loro territori, sono in prima linea anche da questo punto di vista. Spesso, sono proprio loro ad accompagnare il feretro alla sepoltura. Alcuni espongono il gonfalone del paese, come fa Pierluigi Bianchini, primo cittadino di Castenedolo: «Questa pandemia sta negando alle famiglie l’abbraccio della comunità. Anche se è un piccolo gesto, vogliamo far sentire la vicinanza di tutti noi».

E poi i sacerdoti, impegnati ad assistere i fedeli e donare loro conforto, come don Marco Mori della parrocchia di San Polo, che racconta: «Ho benedetto diciotto salme in un unico giorno. Eppure non c’è alternativa alla speranza». È lui il prete protagonista di una fotografia-simbolo di questo dramma, ritratto mentre benedice un defunto in un cortile.

 

 

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