Missione russa a Brescia, Italia Viva presenta un'interrogazione

Il punto è: nessuno può azzardarsi ad affermare con certezza che il contingente russo, inviato a Brescia durante la prima ondata della pandemia Covid del 2020, abbia effettivamente portato a buon fine un’operazione di intelligence. Ma altrettanto nessuno, in questo momento, può negare che ci abbiano provato. Tanto che più di qualcuno si spinge a dire che «sarebbe estremamente strano il contrario». Di certo c’è che gli uomini del Cremlino offrirono il loro aiuto per sanificare le Rsa e che tentarono di avvicinarsi ai punti sensibili.
Probabilmente proprio per questo furono di fatto «scortati» dal nostro esercito e durante i primi giorni di maggio non tornarono a dormire a Bergamo ma si fermarono a Rezzato, a pochi chilometri di distanza dalla base militare di Ghedi (perché - ricordano i vertici dell’Ana di Brescia - «raggiungere le case di riposo del Garda avrebbe fatto perdere troppo tempo»). Ma, soprattutto, di certo resta il carnet di dubbi che il Copasir e la politica intendono dipanare rispetto a come sia nata quella missione. A partire da Italia Viva che chiede informazioni direttamente al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.
Gli approfondimenti e i dubbi
A intervenire in prima battuta sulla missione russa è la deputata Maria Elena Boschi (Iv) che chiarisce: «Che il contingente russo si fosse spinto così vicino alla base di Ghedi lo abbiamo appreso anche noi da fonti giornalistiche: attraverso l’onorevole Giuseppina Occhionero, nostro capogruppo in Commissione Difesa, abbiamo già presentato un’interrogazione parlamentare al ministro Lorenzo Guerini. Ovviamente siamo in attesa che risponda». Del resto, ricorda Simona Bordonali (Lega), «il Copasir sta svolgendo un supplemento di indagine ed è quello l’organismo deputato a far luce sulla vicenda».
Proprio per approfondire la controversa missione, infatti, martedì il Copasir ascolterà in audizione l’allora coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo, che si interfacciò direttamente con la delegazione giunta da Mosca: «Dicevano di voler bonificare le strutture pubbliche, noi gli abbiamo risposto che dovevano andare dove dicevamo noi: abbiamo messo dei paletti» ha infatti ricostruito Miozzo nel corso di alcune interviste. Dopo di lui - e dopo aver già ascoltato l’ex premier Giuseppe Conte -, il Copasir potrebbe convocare in audizione l’allora capo di Stato Maggiore della Difesa, il generale Vecciarelli, e l’ex comandante di vertice interforze, il generale Luciano Portolano, «per circoscrivere con esattezza il mandato e i confini entro cui si è svolta la missione».Sicurezza e intelligence
Quale il contesto in cui si svolse la missione? Nessuno può dimenticare quelle settimane nere che stravolsero la Lombardia, prima, e l’Italia, poi. È il 22 marzo 2020 quando con l’arrivo a Pratica di Mare del contingente militare scatta la missione «Dalla Russia con amore»: la delegazione è composta da 104 persone: 32 tra medici e infermieri, gli altri tutti militari. L’Italia è in lockdown da una settimana, Brescia e Bergamo, in particolare, sono in ginocchio per la prima ondata della pandemia Covid. Sono ore drammatiche e complicate quelle in cui i soldati del Cremlino mettono piede nel Belpaese: nella nostra provincia arrivano il 22 aprile e si fermano fino al 6 maggio, occupandosi di sanificare una cinquantina di Rsa. A scortarli, passo dopo passo, ci sono i militari del 7° Reggimento Cbrn Cremona.
«Il dubbio che il contingente russo ambisse anche a captare altre informazioni c’è e può esserci, ma non ho alcun dubbio sul fatto che non ci siano in alcun modo riusciti, neppure in un contesto difficile come quello della pandemia». La voce è quella dell’on. Marina Berlinghieri (Pd), che spiega: «Noi parlamentari non eravano coinvolti in alcun modo, perchè sono operazioni condotte di concerto con la Difesa. Ma nel nostro Paese, di questo sono certa, abbiamo un sistema di intelligence e di sicurezza che funziona perfettamente e che, quando c’è anche solo un vago dubbio o sospetto, scatta in automatico e parlo di un sistema di controllo continuo, che viene applicato in ogni campo. Del resto, se si è deciso che il contingente russo fosse scortato dai nostri militari significa che un livello di attenzione particolare esisteva, a riprova che il nostro non è un Paese sprovveduto rispetto alle situazioni strategiche: in quella occasione può essere che l’accompagnamento dell’esercito sia stato stabilito proprio in via preventiva». Non solo: «Ghedi è una base Nato - conclude Berlinghieri -: non c’è dunque solo un tema di intelligence italiana, bensì occidentale». Parola, ora, al Copasir.Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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