Maltrattamenti «fattore culturale», pm cambia formula: marito assolto

Il magistrato di Brescia era finito nella bufera per la richiesta. Ieri ha puntato sulla mancanza di prove: tesi condivisa dai giudici
Un'aula del tribunale di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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A far rumore non era stata la richiesta di assoluzione. Ma le parole scelte e la formula utilizzata. Quella stessa formula che ieri il pubblico ministero bresciano, finito poche settimane fa nella bufera, ha cambiato davanti ai giudici, ottenendo poi quello che voleva: ovvero l’assoluzione dell’imputato di origini bengalesi dall’accusa di maltrattamenti sulla moglie connazionale.

L’uomo non è stato assolto per «il fattore culturale», ma perché agli atti non vi erano elementi di prova.

Il cambio

L’udienza di ieri si era aperta con le parole del pm. Messe nero su bianco e fatte leggere dal presidente del collegio Maria Chiara Minazzato. «Il pm esaminati gli atti rivaluta la precedente richiesta e la riformula chiedendo l’assoluzione perché il fatto non sussiste perché il reato di maltrattamenti contestato difetta del requisito dell’abitualità».

Già ad agosto, nella conclusione scritta depositata alle parti, il pubblico ministero scrisse che non erano emersi «fatti idonei a realizzare quella pregnante offesa dell’integrità psico fisica della vittima, tale da farla precipitare in una condizione durata di sofferenza e prostrazione, tipica del reato di maltrattamenti». Ma non chiese l’assoluzione non «perché il fatto non sussiste» e quindi per mancanza di prove, ma con la formula «perché il fatto non costituisce reato per mancanza dell’elemento soggettivo». Richiamando «il fattore culturale».

E cioè: «I contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine». Gli ex coniugi ieri erano entrambi in aula.

Il processo

Nell’udienza gli avvocati di parte civile avevano chiesto la condanna dell’imputato. «Le conclusioni sono inammissibili e inaccettabili dal punto di vista giuridico. Anche perché contrarie alle risultanze di quanto emerso nel dibattimento. La mia assistita non ha accettato quella condizione di vita, ma è stata costretta ad accettarla. Non possiamo ritenere a fronte di questo quadro che non ci sia sussistenza del fatto» ha detto l’avvocato Valentina Guerrisi che dopo l’assoluzione ha tuonato: «Ancora una volta una violenza senza tutela. Le donne non denunceranno più e non crederanno più in questa giustizia». Soddisfatta invece la difesa che aveva sposato la richiesta di assoluzione.

«Io credo che pur condannando sempre la violenza sulle donne esista il sacrosanto diritto di un uomo di essere assolto come nel caso di oggi» ha replicato la difesa con l’avvocato. La persona offesa è inattendibile per aver riferito almeno quattro versioni diverse» le parole dell’avvocato Gabriella Pezzotta. Una tesi accolta dai giudici che dopo un’ora di camera di consiglio hanno letto il dispositivo di sentenza. Imputato assolto «perché il fatto non sussiste». Tra 90 giorni le motivazioni.

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