Maltrattamenti «fatto culturale», l'Anm: «Indebitamente minata la dignità del pm»

Per l'associazione dei magistrati, il riferimento si inserisce nel quadro di una «domanda di assoluzione fondata sulla mancanza di prova»
ANM: "MINATA LA DIGNITA' DEL PM"
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Il giorno dopo le parole del procuratore capo di Brescia, Francesco Prete, che ha preso le distanze dal suo sostituto, l’Anm di Brescia prende posizione sulla vicenda del pm che ha parlato «di fattore culturale» chiedendo l’assoluzione di un imputato accusato di maltrattamenti sulla moglie.

«I contegni di compressione delle liberà morali e materiali della persona offesa da parte dell’odierno imputato sono frutto dell’impianto culturale di origine e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge» sono le parole del pm usate nella richiesta di assoluzione».

«Mancanza di prova»

«Nonostante il tenore letterale della formula assolutoria richiesta e dell’argomentazione correlata ad essa sottesa, dalla lettura completa dell’atto in questione emerge che a fondamento della domanda di assoluzione il sostituto procuratore ha addotto principalmente la mancanza di prova del fatto tipico, e in particolare dell’abitualità della condotta, requisito previsto dalla legge perché il reato di maltrattamenti si configuri» scrive l’Associazione nazionale magistrati di Brescia.

«Acritiche condanne della politica»

Per l’Anm «con queste modalità è stata gravemente minata innanzitutto la dignità umana e professionale del singolo magistrato coinvolto – di cui sono state offerte alla gogna mediatica generalità e immagine fotografica – e la cui cifra personale, culturale e professionale è stata indebitamente messa in discussione. Le critiche rivolte al singolo magistrato si propagano al suo ufficio giudiziario di appartenenza e alla magistratura in generale.

Ad esse si aggiungono le ormai consuete acritiche condanne provenienti dalla politica, che sempre più frequentemente invoca, quale rimedio per ogni male giudiziario (reale o presunto), ispezioni ministeriali negli uffici interessati e sanzioni disciplinari, a prescindere dalla sussistenza dei presupposti di legge, e ciò avviene ogni qualvolta le valutazioni compiute dai magistrati non coincidano con le aspettative dell’opinione pubblica prevalente, slegate dalla compiuta conoscenza dei fatti concreti e, spesso, dei termini delle questioni giuridiche implicate».

Richiesta l'apertura di una pratica

Stamattina intanto il presidente della Prima Commissione Enrico Aimi ha depositato in Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura una richiesta di apertura pratica nei confronti del sostituto procuratore di Brescia al fine di valutare la condotta del magistrato «per la gravità delle asserzioni del pm che parrebbe giustificare, se non autorizzare, la violenza domestica». Nell’istanza depositata da Aimi si legge che tale condotta «è assolutamente inaccettabile, soprattutto in questo momento storico in cui assistiamo quotidianamente a forme di sopruso e maltrattamenti a danno di donne».

La richiesta di apertura pratica è conseguente «ai numerosi articoli di stampa, che hanno dato grande risalto alla notizia riguardante la richiesta di assoluzione di un uomo, originario del Bangladesh, denunciato dall’ex moglie per maltrattamenti, formulata dal sostituto procuratore in servizio presso la Procura della Repubblica di Brescia». Scrive Aimi, riferendosi alle parole del pm, che gli alibi «"culturali" non devono trovare ospitalità nel nostro ordinamento perché rappresentano una inaccettabile e ingiustificabile forma di relativismo giuridico».

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