Loggia 2023, tra Muchetti e Manzoni il Pd punta sull’unità: la scelta passa alla coalizione
Il clima scanzonato si è palesato fin dal principio: «Scusi, è qui che ci si iscrive per candidarsi sindaco per il Pd?» ironizza qualcuno prima dell’inizio della riunione. «Ma sì, alla fine noi siamo così: discutiamo, discutiamo ma ci vogliamo bene e facciamo sempre quadrato, non vogliamo fratture». Alla fine, dopo un’attesa quasi da teleromanzo durata settimane, il Pd ha optato per la via dell’unità: nessuno spareggio, nessun duello.
Tutto è rinviato al tavolo della coalizione: sarà quello (e non l’Assemblea cittadina andata in scena ieri sera in via Risorgimento) il luogo in cui verrà designato il futuro candidato sindaco del centrosinistra per Loggia 2023. E i Dem, partito di maggioranza relativa, presenteranno sia il profilo di Valter Muchetti sia quello di Federico Manzoni. La scelta, votata quasi all’unanimità (due le astensioni), è scivolata alle 21.30, dopo un dibattito senza screzi ma anche senza picchi, durato tre ore. Un ritmo a tratti anche caciarone, dettato dal fatto che in realtà, come tutti ormai sapevano allo scoccare delle 18.30 - orario del conclave - il dado era già tratto. Al punto che anche chi invece sperava di chiudere una partita che «forse, visto questo esito, neppure meritava di essere avviata», uscendo dalla porta con disinvoltura declama a gran voce: «Come sempre, abbiamo scelto di non scegliere». Ma il sorriso sul volto suggerisce che l’amarezza è ormai archiviata.

La strategia
La linea che ha prevalso è quella proposta in apertura dal segretario cittadino, Tommaso Gaglia: rinviare la decisione a una compartecipazione degli alleati, senza lacerare il partito o appesantirlo con acredini che inevitabilmente sarebbero rimaste appiccicate addosso alle due aree: quella a sostegno di Muchetti e quella a favore di Manzoni. Di fatto, l’Assemblea ha ascoltato gli appelli degli ultimi giorni: quello dei Giovani democratici, quello dei parlamentari, quello ripetuto in alcuni circoli, quello - soprattutto - avanzato dalla segreteria provinciale (non a caso figure apicali del partito, con la garanzia di mantenere l’anonimato, confessano che «questo braccio di ferro lo ha vinto il provinciale», criticando la «non fermezza del livello cittadino»).

I dati politici
Tirata la riga, i dati politici sono almeno tre: il Pd non vuole arrivare alla sfida elettorale appesantito da un conflitto interno che «non ci appartiene»; la (non) scelta di ieri sarà di fatto solo un rinvio ulteriore e lo stesso dibattito fotocopia si riproporrà di qui a poco, traslocando sul tavolo della coalizione (che dovrà anche misurare i propri confini concreti). Infine, questa scelta fa prevalere sì l’idea della «rosa» di nomi, ma conclama che questa rosa ha due soli petali per quanto riguarda il Pd: Muchetti e Manzoni, come a chiarire che la terza via (quella disponibilità avanzata da Giovanni Comboni) il partito la considera archiviata.

Le arringhe
I discorsi-arringa dei due aspiranti al trono, però, ci sono stati eccome. Il più ruspante ha la voce di Muchetti: «Quello per il 2023 dev’essere un programma aperto al sentire della città: o stiamo attenti all’ascolto o rischiamo di non captare i bisogni veri. Dobbiamo toglierci l’etichetta del partito della Ztl, elitario, incapace di parlare a tutti, anche ai meno affermati nella società. C’è bisogno di un Pd che parla alla gente, che sta con la gente, che la ascolta e che la guidi. Non ci sono veti. In questi mesi ho cercato di non dare adito alla polemica perché il nostro avversario si chiama Fabio Rolfi e non abbiamo paura di affrontarlo». Diverso l’approccio di Manzoni, che ricorda subito: «Siamo nel pieno di una fase politica caratterizzata da un’emergenza sociale. Bisogna puntare su concretezza, partecipazione e capacità di assumersi le responsabilità, coraggio e prudenza. Va bene consolidare il perimetro dell’attuale maggioranza, ma è importante ripartire dal partito della città, perché capace di andare oltre i poli».

Fondamentale - anche nel percorso di avvicinamento alla decisione di non andare alla conta - il ruolo di Emilio Del Bono, in prima fila, che dopo aver ringraziato tutti i «suoi assessori» del Pd, ha parlato di «comunità di persona per bene e responsabili». Ricordando: «Stiamo proponendo due assessori competenti, appassionati e forti di un’esperienza di buongoverno che va proseguita. Ciò a cui tengo di più - sottolinea - è la visione strategica della città, che è ciò che manca al centrodestra. Noi stiamo portando la città nel futuro, non siamo conservatori bensì innovatori».
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Le segreterie
Soddisfatte entrambe le segreterie. «Abbiamo sostenuto l’opportunità di procedere con un percorso unitario sia del partito sia della coalizione - è la nota della segreteria provinciale -. Michele Zanardi ha evitato prese di posizione pubbliche, lavorando dall’interno, cercando di trovare una soluzione di unitarietà, lavoro condiviso con parlamentari, sindaco e quadri del partito. Ringraziamo il Pd cittadino per la grande responsabilità dimostrata». A fargli eco è Gaglia: «Il Pd dimostra di essere una comunità di donne e uomini responsabili e generosi». Il punto focale è però quello pratico: «Sarà convocato quanto prima il tavolo di coalizione». Perché - come ha ripetuto sorridendo lo stesso segretario cittadino, cercando di alleggerire il racconto delle ultime settimane - «chiaramente due sindaci non si possono avere». L’unità c’è, ma la scelta resta da compiere. E presto.
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