Lo zio di Salah: «Guidava senza patente, follia costata la vita»

Ora il dolore si fa più lancinante. Le risposte agli interrogativi mancano oggi più di ieri, quando la tragedia aveva smosso una valle intera e in tanti si erano stretti attorno alle famiglie delle vittime. Un mese dopo queste stesse famiglie non sono sole, ma di certo sanno che il percorso più difficile da affrontare inizia adesso. «E ogni giorno che passa ci rendiamo sempre più conto di quanto accaduto e di quanto ci mancano i nostri ragazzi» racconta Amin. È lo zio di Salah Natiq, il 22enne di origini marocchine, cresciuto in Italia e in Valsabbia, che un sabato sera di quattro settimane fa era alla guida dell’auto con a bordo quattro amici che lungo la 45bis all’altezza di Rezzato, si è scontrata frontalmente con un pullman. Salah è morto sul colpo, così come tutti gli occupanti della vettura che a folle velocità ha bruciato una curva, e cinque giovanissime vite.
Il sabato sera maledetto
Sul sedile del passeggero c’era Dennis Guerra, 19 anni; dietro i 20enni Imad El Harram e Imad Natiq, quest’ultimo cugino del guidatore, e poi la giovanissima Irene Sala di 17 anni. Nessuno si è salvato, come nessuno, dramma nel dramma, su quella auto aveva la patente di guida. «Mio nipote ha fatto una sciocchezza enorme. E ha pagato con la vita. Purtroppo come lui sono morti anche tutti i suoi amici con i quali stava andando a divertirsi in città. Sto male a pensare a quello che ha fatto» commenta oggi lo zio del 22enne al volante della vettura che gli era stata prestata un amico di 19 anni. «Vedendo la dinamica dello schianto - prosegue Imad - non so cosa sarebbe cambiato se mio nipote fosse stato in regola con i documenti. Sarebbero comunque morti tutti. Certo è che mettersi alla guida senza patente è stata una follia».
Amici e parenti convinti che avesse la patente
L’amico che ha prestato a Salah la sua Wolkswagen Polo, sotto interrogatorio la notte dello schianto e poi pochi giorni dopo, ha detto agli inquirenti di essere certo che il 22enne avesse la patente. «Lo avevo già visto guidare altre volte in paese. E quella sera gli ho lasciato l’auto perché io avevo mal di testa» è la testimonianza affidata ai verbali di polizia. Il 19enne arrivò sul luogo dell’incidente pochi minuti dopo il tremendo frontale tra la vettura dei suoi amici e il pullman guidato da un’autista albanese che non aveva potuto evitare l’auto dei giovani. «Andava come un fulmine, non ho avuto nemmeno il tempo di rendermene conto» ha raccontato al nostro giornale nelle scorse settimane.
«Anche io ero convinto che Salah avesse preso la patente. Quando ho saputo che non era così sono rimasto senza parole» racconta oggi lo zio del 22enne. «Lo avevo già visto al volante e so che sapeva guidare. Ho dato per certo che fosse in regola. Qui in paese c’è chi inizia a guidare presto con il papà o con il nonno, o su un trattore da lavoro. Ecco, mio nipote guidava l’auto senza problemi e io non avevo dubbi che avesse la patente». Poi aggiunge: «Quando incontro in Valle qualcuno che vuole parlare dell’incidente, dico che ormai qualsiasi tipo di polemica non serve perché i cinque ragazzi non ci sono più».
E tornano in mente le parole di Enrico Sala, il padre della 17enne Irene, pronunciate al funerale della figlia. «Lei era molto buona, difendeva l’indifendibile. Irene non ha mai condannato nessuno. Chiedo a tutti - disse dall’altare il padre della ragazzina durante i funerali - di non giudicare, ma di essere solo uniti».
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