Schianto di Rezzato, l'autista del bus: «L'auto era un fulmine»

Nel piccolo appartamento di Castenedolo la televisione è spenta. «Non la accendo perché non voglio vedere le cronache di quanto successo. Non riesco a togliermi l’immagine dell’incidente dalla testa». Vangjel Tuslluku - nato in Albania, 58 anni, in Italia dal 1991 - è l’autista del pullman contro il quale è finita l’auto dei cinque giovani valsabbini morti sul colpo.
Il dolore e il ricordo
Ieri con la moglie è tornato sul luogo dell’incidente. «La mia donna ha buttato un po’ di zucchero come tradizione della nostra terra. Si lancia dove è successo qualcosa di grave e sei riuscito a salvarti. Ecco, io mi sono salvato, so che non ho colpe, ma allo stesso tempo non riesco a darmi pace che siano morti cinque ragazzi così giovani» racconta mentre prepara la cena alla figlia di undici anni. «Faccio questo lavoro da una vita. Ho guidato camion e pullman. Ho visto tanti incidenti, ma io non ne avevo mai avuti» spiega. L’autista sabato sera era di ritorno da Milano e dopo essere uscito al casello di Brescia centro, stava viaggiando verso il lago di Garda dove ha sede la società per cui lavora.
«Velocità folle»
In piedi vicino al tavolo della cucina di casa, chiude gli occhi, muove le mani per ricostruire quanto provato in quegli attimi che sono sembrati interminabili. «È stato un impatto fortissimo. Ho visto una luce venire avanti nella mia corsia. All’inizio pensavo fosse una moto. In un attimo mi sono trovato l’auto davanti. Ho sentito un botto violentissimo. Mi ha colpito e subito si è rotto il vetro davanti e non vedevo più nulla. A quel punto - prosegue Vangjel Tuslluku nel suo drammatico racconto - ho invaso la corsia opposta perché ho perso il controllo. Il pullman non accelerava e non frenava più. Il volante era duro. Il mezzo andava avanti da solo e continuavo a sentire un rumore tremendo. Ero convinto che stessi colpendo altre auto. Quando si è fermato dopo cento metri ho capito che mi ero appoggiato sul guardarail».
L’autista è sicuro: «L’auto dei ragazzi era un fulmine. Andava almeno a 150 all’ora e c’era la doppia riga continua sull’asfalto. Era impossibile evitarla. Era impossibile. Non so se fosse in sorpasso e comunque non lo ha fatto vicino a me perché altrimenti sarei riuscito a spostarmi. Con una velocità inferiore forse quei giovani c’erano ancora. Io avrei frenato, loro anche e ci saremmo colpiti, ma non così. Ho capito subito che chi c’era su quella macchina era morto. Troppo forte l’impatto».I primi soccorsi
Il 58enne torna poi a ricostruire gli attimi immediatamente dopo lo scontro. «Una volta fermo è caduta la portiera ed è arrivato un fuoristrada. È sceso un uomo che ho visto nel buio. "Mi aiuti?" gli ho detto. Mi ha risposto: "Sono un poliziotto e sto andando a lavorare, ma ti aiuto". Gli ho spiegato che avevo fatto un frontale con una macchina. Questa persona va ringraziata perché ha preso la situazione in mano. Era in borghese ed è corso a vedere l’auto dei ragazzi e ha dato l’allarme».
Quando scende dal suo pullman all’autista di origini albanesi si rivolge all’automobilista che poi sarà sentito dalle forze dell’ordine. «Aveva in auto due bambine e la moglie e tremando mi ha detto: "Ti ho schivato e ho capito dopo che c'era stato un incidente". Poteva essere una tragedia ancora più grande se avessi colpito quell’auto con a bordo una famiglia intera».
Vangjel Tuslluku si sente un miracolato, «ma la mia vita è cambiata dopo sabato sera» ammette commosso. «Ho saputo che chi guidava non aveva la patente. Non riesco davvero a capire come si possa fare una cosa del genere. Sulle nostre strade si corre troppo e quando vado in Valsabbia, c’è gente che in galleria mi fa i fari perché vado piano e mi sorpassa in pieno tunnel. É assurdo».
Dopo la giornata di domenica trascorsa in ospedale, il 58enne è stato dimesso. Dagli esami non sono emerse fratture, ma oggi dovrà sottoporsi a nuovi esami al fegato per escludere lesioni interne. «Sento dolore, faccio fatica a dormire per il dolore quando respiro oltre al fatto che continuo a rivedere nella mia mente l’incidente. Non so quando tornerò al volante, ma soprattutto cosa proverò. Non ho mai vissuto una situazione così grave. Cinque giovani non ci sono più. Non ho colpe, ma ho un peso sulla coscienza».
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