La Croce Rossa ha accolto venti bimbi fuggiti dall'Ucraina

Maxim disegna escavatori, ruspe e autoscale. Le volontarie gli hanno chiesto se volesse colorare un album, ma lui ha risposto deciso: «A me piacciono gli escavatori». Ne ha disegnate due versioni e si è guadagnato il soprannome di ingegnere. Maxim ha otto anni e scappa dalla guerra in Ucraina. Così Eva, che di anni ne ha sei, e prima di fuggire dalla sua casa di Nikolaev non aveva più nulla da mangiare, se non il pane. Igor ha sette anni e gli occhi vispi, ma vuole stare in braccio a mamma Katia mentre racconta dei bombardamenti a Odessa.

Sono venti i bimbi a cui la Croce Rossa di Brescia ha aperto le porte nella notte. La più piccola ha due anni e mezzo, una salopette scura e colora un foglio tutto di blu. Come il fondo del mare. I piccoli, arrivati a Brescia con le loro mamme e pochissimi papà, erano su un autobus diretto in Spagna con a bordo 47 profughi. Hanno viaggiato per 18 ore filate, dalla frontiera rumena di Siret fino alla nostra provincia. Ma molti di loro erano in fuga da giorni. Come Marina, che dal 9 marzo peregrinava col suo piccolo Andrew, o la ragazza senza nome e senza casa dal 24 febbraio.

«La chiamata è arrivata ieri sera alle 21 (venerdì sera per chi legge, ndr) - racconta la presidente della Croce Rossa bresciana Carolina David - da un’associazione di volontariato rumena che ci chiedeva di accogliere per la notte queste persone. Avevano urgentemente bisogno di ricovero prima di affrontare l’ultima tratta del viaggio verso la Spagna, dove ad attenderli ci sono amici e parenti. Ci siamo mobilitati immediatamente e abbiamo aperto loro le porte della nostra casa».

Nel volgere di minuti la sede di via Bainsizza è stata trasformata in un campo d’accoglienza. Via i mobili per fare spazio alle brandine; pronti i pastelli colorati, i lecca lecca e un giocattolo per ogni bambino. Nell’atrio d’ingresso è spuntata una colazione degna di un grand hotel, ma soprattutto ogni volontario si è prodigato ad offrire competenze, braccia e una notte in bianco per allestire un’oasi di speranza nel deserto di disperazione attraversato dagli ucraini in fuga. «Sono arrivati intorno alle 3 - racconta Carolina David-. Erano stremati. Abbiamo dato loro qualcosa di caldo e li abbiamo accompagnati a letto in modo che potessero riposare un po’». A rincuorare i fuggitivi la presenza di tre volontarie-interpreti della Croce Rossa, che conoscono la lingua ucraina e russa e hanno raccolto confidenze e pene di chi è rimasto senza patria e affetti.

Al risveglio hanno chiesto la password del wi-fi, per contattare amici e parenti e controllare i gruppi Telegram in cui ci si scambiano le news sugli attacchi, le vittime, i passaggi e gli aiuti. È proprio grazie a Telegram che molte donne hanno trovato il modo di lasciare il Paese. E via Telegram adesso restituiscono ciò che hanno appreso dai volontari e alle frontiere, per aiutare altri a lasciare l’Ucraina. Quando è quasi mezzogiorno le piccole giocano con le bambole di Frozen e i volontari improvvisano coi bimbi una partita a palla nel piazzale, mentre un cagnolino si stiracchia al sole in grembo alla sua padrona. Anche lui al sicuro. In cucina Morris spadella tre sughi diversi in attesa del pranzo all’aperto. «Abbiamo recuperato della frutta - spiega la presidente - e quando si metteranno in marcia daremo loro le provviste necessarie per affrontare il resto del viaggio».

La partenza è fissata alle 14. L’addio da groppo in gola, mentre in bacheca resta il disegno di un escavatore. Firmato: Maxim.