Erba nera e gas, ma accanto si coltiva «Si fa finta di nulla»

I cittadini di Calcinato: «Scaricavano rifiuti da cui si alzava del fumo, noi li abbiamo visti per anni»
Il terreno restituisce vegetazione nera e marcia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il terreno restituisce vegetazione nera e marcia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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La posizione distrae. Da un lato altri campi, dall’altro la provinciale o l’autostrada. «Una bella zona verdeggiante» suggerisce l’istinto, mentre sfreccia distratto chiuso in auto. Si sbaglia, l’istinto? No. Suggerisce solo quello che dovrebbe essere.

Quello che «l’estetica» dei veleni nascosti sotto tappeti di erba irregolare tenta di mascherare. Ma c’è un posto, tra i campi e la strada, in cui a crepare quei finti affreschi bucolici ci ha pensato il terreno.

Coriaceo il terreno: gli hanno fatto ingoiare scarti chimici e industriali per anni, glieli hanno fatti assorbire fino a farlo diventare sterile, ma lui ha avuto pazienza. E adesso è come se stesse risputando tutto fuori. C’è un posto, si diceva, dove questo lo si riesce a vedere con i propri occhi: sta nella nostra provincia e si chiama Calcinato.

In tre spazi, soprattutto, si capisce che qualcosa non va. Nel primo cresce erba nera, ma accanto, a una manciata di metri, si coltiva. Nel secondo la parete (che fu) boschiva è intarsiata da pezzi di rifiuti, di batterie, di marmo. Nel terzo si vedono degli enormi tubi scoperti, quelli che si usano in genere per fare uscire biogas. Tutti e tre i luoghi se ne stanno in bella vista e nessuno dei residenti è stupito. Perché, del resto, loro lo sanno da tempo che lì «qualcosa non va».

«La verità è che quello che è successo e che succede qui non interessa a nessuno, si fa finta di nulla, c’è un’omertà spaventosa. Gli amministratori continuano a ripetere che di problemi non ce ne sono, che non c’è inquinamento. Ma come se lo spiega questo?» chiede Vincenzo. «Questo» è quel che resta della cava Lucetti. La sua storia racconta di un campo trivellato dalle cosiddette «buche di prestito»: in sostanza, una volta create, lì dentro ci finiva di tutto.

Le aree sono visibili ad occhio nudo dalla strada - Foto © www.giornaledibrescia.it
Le aree sono visibili ad occhio nudo dalla strada - Foto © www.giornaledibrescia.it

Negli anni Settanta era un continuo via vai di furgoni e camion che si avventuravano, a notte fonda, nel sentiero. Una volta spenti i fari, svuotavano, sversavano e ripartivano. In paese chi ha la memoria storica c’è e quello che ha visto, per anni, se lo ricorda bene: «Allora c’erano ancora le targhe identificative delle città e quelle prevalenti erano Bs e Ve». Brescia e Venezia, quindi.

Ecco perché la pista di Porto Marghera - già sul tavolo dei tecnici dell’Arpa che ancora stanno analizzando le scorie da anni sotterrate nell’area di via Brescia, accanto al canile - a Calcinato non ha impressionato. «Qui - aggiunge Pierino, un ometto minuto e fortissimo con lo sguardo vivido ma lontano - arrivavano anche carichi fumanti. Quel fumo si vedeva ad occhio nudo persino con le poche luci della notte. Ci sono ancora i camini, se ci si respira vicino l’odore è acre».

Sono cinque i camini: per «tamponare» il fetore ci hanno messo dei sassi a modi tappo. Dici cava Lucetti e ti aspetti un cratere. Invece no: apparentemente è un campo. Solo che è nero. Provare ad attraversarlo è un’impresa: ogni due passi si sprofonda in una buca: sembra di essere sulle montagne russe, ma si è a terra. Una terra non livellata, «probabilmente perché il materiale che c’è sotto non è omogeneo» osserva Vincenzo, che a Calcinato abita da sempre. Una brughiera nera inzuppata di chissà quali veleni che anni fa un contadino aveva tentato di coltivare: «Non c’è stato verso, saltava fuori tutto marrone, anche il frumento».

Dalla ex fascia boschiva riemergono i rifiuti - Foto © www.giornaledibrescia.it
Dalla ex fascia boschiva riemergono i rifiuti - Foto © www.giornaledibrescia.it

 «Qui sotto c’è una bomba ecologica, ben più grave di quella vicina al canile - dicono con sicurezza alcuni cittadini - ma poco più avanti c’è il terreno coltivato». La distanza tra la cava Lucetti e il terreno fertile è di circa una decina di metri. E a dirlo sono loro stessi, i cittadini: «A pensarci, onestamente, vengono i brividi. Non compriamo più questi prodotti, anche perché fino a qualche anno fa per irrigare si utilizzava l’acqua dei pozzi». Nessuno interviene? «No, nessuno. Alcuni temono di perdere la propria attività agricola, ma soprattutto nessuno è interessato. Al canile interverranno solo per via dei cantieri Tav» ricorda il Comitato cittadini Calcinato, da sempre in prima linea insieme ad Ambiente futuro Lombardia, per combattere le battaglie ambientali.

Duecento metri più in là, vista cavalcavia e a una manciata di metri dalla sede della Wte, la vecchia fascia boschiva sta riportando a galla tutto quello che aveva tenuto sottoterra. Ci si può entrare con facilità e quel che ci si trova davanti è un gigantesco collage di rifiuti in verticale: lastre di acciaio, batterie, coriandoli di marmo. «Qui la situazione era talmente evidente che pare abbiano fatto delle verifiche: sembra non si tratti di rifiuti pericolosi».

Loro, i cittadini, non ne sono molto convinti: «Tendono a dire che va sempre tutto bene, raramente ascoltano. Ci abbiamo impiegato dieci anni per farci ascoltare quando denunciavamo gli odori insopportabili dei fanghi e dei gessi lavorati dalla Wte. Quindi chissà...».

Altro campo, altro panorama esplicito. Questo è recintato, ma di fatto accessibile a chiunque. Ci sono dei silos blu: «Si riescono ad intravedere dei fanghi bianchi» e una serie di tubi, in genere utilizzati per il biogas. «Qualcosa qui è successo» ripetono residenti e Comitati. Che nuovamente fanno appello alle istituzioni: «Non giratevi ancora dall’altra parte».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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