«Due anni fa la prima a fare il vaccino, ora costretta a lavorare con i no vax»

Qual è il colmo per la prima persona che ha ricevuto il vaccino? Forse essere costretta a lavorare con colleghi no vax. Si potrebbe rispondere così dopo aver ascoltato la storia di Giulia Salvalai, infermiera alla Clinica neurologica dell’ospedale Civile. Nel 2020, precisamente il 27 dicembre, fu la primissima a ricevere l’iniezione anti Covid.
Sono passati esattamente due anni da allora, e che è successo? «Il personale sanitario che non ha fatto il vaccino è stato riammesso al lavoro. E forse riceverà pure gli stipendi non corrisposti. Lo trovo davvero scandaloso». L’amarezza nelle sue parole è tanta: «È chiaro - aggiunge - che c’è una grandissima carenza di medici e infermieri. Quindi la scelta della Regione è comprensibile da questo punto di vista. Ma ritrovarsi a lavorare con coloro che si sono battuti contro il vaccino, disattendendo un obbligo che è prima ancora un dovere etico, suona quasi come una beffa».
Una beffa che peraltro non risolve il problema, ma, per così dire, lo tampona: se da un lato «è evidente che non si può rimanere sprovvisti di personale», dall’altro «occorre tener presente che, a prescindere dal Covid, gli ospedali vivranno ancora tempi difficili. I numeri programmati nei corsi universitari restano insufficienti rispetto alle reali esigenze dei reparti». Ma torniamo al vaccino. Ventiquattro mesi dopo la Salvalai è arrivata ormai alla quarta dose: «È vero che non era obbligatoria, ma ritengo fosse comunque un dovere farla. Inoltre consente sia a me sia alla mia famiglia di vivere più serenamente».L'appello
Per le stesse ragioni l’infermiera del Civile si dice pronta a fare pure la quinta: «Io sono favorevole a tutti i vaccini. Quello contro il Covid forse era il meno sperimentato, ma siamo nel 2022: la scienza ha fatto passi avanti giganteschi. Non ti iniettano di certo strani chip che hanno a che fare con il 5G». L’unica incertezza, rimarca, è dovuta semmai al fatto che le risposte anticorpali variano da individuo a individuo: «Ma credo proprio che i miei genitori, quando hanno fatto il Covid, non se la sarebbero cavata con un giorno di febbre e un po’ di mal di ossa se non fossero stati vaccinati».
La Salvalai invita quindi a non abbassare la guardia: «Il virus continua a circolare e a mutare. E oggi alcuni dispositivi di protezione come le mascherine ormai sono poco utilizzati. Quello che succede in Cina un po’ mi preoccupa: là c’è una ripresa importante del contagio». L’appello allora non può che essere uno solo, lo stesso dell’anno scorso e di due anni fa: «Vaccinatevi!».
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