L'infermiera che si vaccinò per prima: «È la scelta giusta»

L’appello di Giulia Salvalai, che un anno fa ha ricevuto l’iniezione anti Covid-19 con gli altri operatori sanitari dell'ospedale Civile
Momento storico. Giulia Salvalai riceve la prima dose di vaccino: è la prima nella nostra provincia - Foto © www.giornaledibrescia.it
Momento storico. Giulia Salvalai riceve la prima dose di vaccino: è la prima nella nostra provincia - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Mattina del 27 dicembre 2020. La giornata è gelida, il cielo è plumbeo. Ma un raggio di sole illumina il Civile, quasi a squarciare simbolicamente le tenebre nelle quali il virus ci ha gettato. Stanno per essere somministrate le prime ottanta dosi di vaccino nella nostra provincia. Tutte Pfizer, le uniche disponibili allora.

I primi a riceverle sono operatori sanitari, come nel resto d’Italia. È un momento di svolta, sembra di intravedere la luce in fondo al tunnel. Dodici mesi dopo le dosi somministrate a Brescia sono oltre due milioni. Un risultato straordinario ottenuto grazie all’impegno di tutti gli attori coinvolti in una campagna senza precedenti e al senso di responsabilità di larga parte della popolazione. E a ricordare questo anno ci pensa l'infermiera del Civile che per prima ha ricevuto l'iniezione anti Covid-19.

«Eseguire la vaccinazione, oggi come dodici mesi fa, è la scelta giusta: la campagna vaccinale deve proseguire». Non ha dubbi Giulia Salvalai, infermiera nel reparto di Seconda neurologia al Civile. Come non aveva dubbi un anno fa, quando, per prima nella nostra provincia, ha ricevuto l’iniezione anti Covid. «Mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto, per un insieme di coincidenze. Ma sono orgogliosa di quello che ho fatto e spero di essere stata un esempio per tanti».

Nel giorno del V-Day l'infermiera bresciana indossava la maglietta con la scritta «sto con la scienza». Perché alla scienza è necessario affidarsi senza timori per provare a lasciarsi alle spalle la pandemia:«Il mio appello è di tre parole:vaccinatevi, vaccinatevi, vaccinatevi! Giunti a questo punto ritengo che non ci possa essere più alcuna ragione che possa indurre una persona a non vaccinarsi. Salvo naturalmente specifici problemi di salute».

Dopo la prima dose a dicembre 2020 e la seconda a gennaio, a ottobre Salvalai ha ricevuto la terza. «Io spero che le persone si convincano, soprattutto quelle non ancora vaccinate. Anche per i bambini - aggiunge - è molto importante iniziare e completare il ciclo. Direi anzi che è fondamentale per uscire da questo incubo». Un incubo che chi come lei lavora in ospedale vive quotidianamente: «C’è un clima di irrequietezza che non fa bene a nessuno. Ci sentiamo come sulla graticola. Abbiamo il timore non solo di contrarre il virus, ma anche di portarlo a casa, anche se siamo tutti vaccinati. D’altronde basta poco per prendere il Covid: non serve chissà quale comportamento incivile perché il virus circola dappertutto».

Proteggere se stessi e gli altri sono dunque i due imperativi categorici da seguire. «Anche se per ora il vaccino non si è dimostrato la soluzione definitiva alla pandemia, i livelli di contagio non sono quelli dello scorso anno. Abbiamo un’arma di difesa importantissima da cui non si può prescindere. Noi in famiglia siamo tutti vaccinati. Ho un bambino di dodici anni che ha già completato il ciclo di due somministrazioni. E i miei due grandi, che hanno venti e diciotto anni, hanno già fatto pure la terza dose, proprio come me».

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