Carceri, nelle celle bresciane e lombarde si vive in meno di 3 metri quadrati

L'ultimo rapporto di Antigone conferma il problema del sovraffollamento, che a Canton Mombello raggiunge il 166,14%: ecco i numeri per Brescia
Il carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Il carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Nella maggior parte delle celle nelle carceri lombarde non sono garantiti tre metri quadri calpestabili per persona. È il dato regionale che più colpisce all'interno consueto rapporto annuale sulle condizioni gli istituti penitenziari italiani appena pubblicato dall’associazione Antigone: su 11 carceri visitate nel corso del 2022 in Lombardia, 8 (il 72,2%) non dispongono di un adeguato spazio vitale per i detenuti.

Nel corso del 2022 Antigone ha visitato 97 istituti penitenziari, tra i quali quelli bresciani. Il problema maggiore, in Italia e soprattutto in Lombardia, è quello noto del sovraffollamento: a fronte di una capienza ufficiale di 51.249 posti, ci sono 56.674 detenuti (al 30 aprile 2023), con un tasso di affollamento medio del 110,6%, che sale in Puglia (137,3%), Lombardia (133,3%) e Liguria (126,5%). Questa condizione è confermata ancora una volta anche dalle carceri bresciane di Canton Mombello e Verziano.

Il sovraffollamento a Brescia

Dall’1 gennaio al 31 dicembre 2022 l’Osservatorio di Antigone ha visitato 11 volte le case circondariali e di reclusione lombarde. A Canton Mombello erano presenti al momento della visita 314 detenuti di cui 145 di origine straniera (e c’è un solo mediatore linguistico-culturale), a Verziano 111 di cui 38 donne. Nel primo caso il sovraffollamento ha raggiunto il 166,14%, la terza percentuale più alta della Lombardia, nel secondo il 156,34%. Sono numeri che superano le media di affollamento regionale (147,49%), già critica di per sé, e che confermano una situazione precaria denunciata da tempo a Brescia dagli stessi detenuti, dalla garante per i diritti dei detenuti, da diversi parlamentari e dalla polizia penitenziaria.

Il problema della custodia cautelare in carcere

L’associazione nota come sul sovraffollamento pesa la custodia cautelare in carcere, che seppur in calo rispetto all’anno precedente resta più alta della media europea e la più usata delle misure cautelari: al 30 aprile dei 56.674 presenti nelle carceri italiane 7.925 (13,9%) erano in attesa di primo giudizio, 3.629 (6,4%) gli appellanti e 2.458 (4,3%) i ricorrenti. I definitivi erano 41.628, il 73,4% dei presenti – dato leggermente inferiore a quello della Lombardia (73,97%). Per Antigone l’attivazione di misure alternative al carcere per far scontare alle persone la pena residua potrebbe contribuire a risolvere il problema del sovraffollamento, visto anche che complessivamente in Italia più della metà dei condannati detenuti in carcere debba scontare ancora meno di tre anni.

Gli istituti sono vecchi e mancano docce

Nel rapporto l’Osservatorio si sofferma anche sui problemi strutturali degli istituti penitenziari italiani, che in diversi casi sono edifici vecchi, angusti e privi dei minimi servizi per rendere la vita al loro interno accettabile come l’acqua calda e le docce. Il 20% di quelli visitati era stato costruito tra il 1900 ed il 1950 e un altro 20% addirittura prima del 1900: in Lombardia 6 su 11 sono stati costruiti prima del 1980 (Canton Mombello risale addirittura al 1914). Nel 45,5% delle carceri lombarde non c’è la doccia nelle celle.

Le domande di risarcimento 

Un dato interessante per Brescia ma difficile da interpretare perché mancano elementi per dare una spiegazione più completa è quello relativo alle condanne per assenza di spazio vitale. Nel 2022 sono arrivate agli uffici di sorveglianza italiani 7.643 richieste di risarcimento per aver subito un trattamento inumano o degradante durante la detenzione, tendenzialmente per assenza di spazio vitale. Le richieste che sono state decise nel corso dello stesso anno sono state 7.859. Di queste 4.514 (pari al 57,4%) sono state accolte. Brescia è una delle città con il tasso di accoglimento maggiore (82,3%) e questo può voler dire sia che le domande di risarcimento sono molte, e quindi troppe persone vivono condizioni degradanti nelle carceri bresciani, sia che l’ufficio incaricato di gestire queste domande lavora in modo molto efficiente. Visti gli altri dati di Antigone la prima ipotesi è probabile ma non ci sono conferme specifiche su questo aspetto nel rapporto.

Carente il servizio per salute mentale

Non va meglio sul piano della sanità, per cui Antigone segnala una sostanziale assenza di strutture per la salute mentale confermando la carenza di servizi denunciata in una lettera da un detenuto di Canton Mombello: «C’è chi è debole e cede. Cede allo sconforto, alla depressione, alle pilloline, alle gocce, alla violenza, e così rinuncia alla speranza di migliorarsi. Cede a questa strana dimensione che non ha nessun senso» ha scritto al Giornale di Brescia dopo la morte per arresto cardiaco di un 50enne che aveva dimostrato insofferenza alla vita in carcere con una serie di atti autolesionistici. Nel rapporto dell’associazione, che fa riferimento prevalentemente al 2022, non ci sono dati sull’autolesionismo a Canton Mombello e a Verziano (l’incidenza a livello regionale è del 18,5%) ma per quanto riguarda le carceri bresciane viene evidenziato un 4,78% di diagnosi psichiatriche gravi a Canton Mombello cui fanno fronte 12,74 ore settimanali degli psichiatri ogni 100 detenuti.

Antigone dedica un focus specifico ai suicidi in carcere, sottolineando come il 2022 sia stato l’anno peggiore con 85 persone che si sono tolte la vita su un totale di 214 morti in carcere in tutta Italia per diverse ragioni. L’età media era di 40 anni. La persona più giovane era un ragazzo di 20 anni, la più anziana un signore di 71. La maggior parte di queste persone (50, ossia quasi il 60%) si sono tolte la vita nei primi sei mesi di detenzione. L’associazione è riuscita a confermare solo per la metà delle carceri lombarde che esiste un protocollo di prevenzione per il rischio di suicidio.

Lavoro esterno, colloqui e donne

Il rapporto si sofferma anche sui detenuti lavoratori. Non ci sono dati sulle persone che lavorano in carcere a Brescia, mentre viene indicato che solo l’1,27% dei detenuti di Canton Mombello svolge un’attività lavorativa all’esterno a fronte di una media lombarda comunque bassa (3,75%).

Per quanto riguarda infine i contatti con l’esterno – colloqui, chiamate, videochiamate – e servizi per le donne (dal bidet in cella a ginecologia) non ci sono dati precisi sulle carceri bresciane.

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