Caldo record nelle stazioni di sci, ma il circo bianco non vede tutto nero

Il turismo bianco è condannato a un futuro nero? Nei prossimi anni potremo ancora mettere gli sci ai piedi sulle Alpi? E se sì, a quali quote? Sono alcune delle domande ineludibili che ci pone la crisi climatica. Crisi che sta sciogliendo sempre più i ghiacciai e che regala sempre meno neve sui pendii nella stagione invernale.
L’allarme è stato lanciato da Legambiente: dal report Nevediversa 2023 emerge per esempio che in Lombardia sono 24 gli impianti di risalita sciistici dismessi per assenza cronica del manto nevoso, fallimenti, crisi economica, fine «vita tecnica» delle strutture poi non rinnovate. Altri cinque sono temporaneamente chiusi, ma dal futuro incerto.
«La crisi idrica che si sta accanendo in questi mesi sulle Alpi - viene osservato nelle conclusioni - ci obbliga a fare i conti, se ancora ce ne fosse bisogno, con i cambiamenti climatici. Le nostre montagne stanno cambiando a vista d’occhio: pochissima neve, nevica più tardi e la neve è più bagnata e più pesante.In sintesi, nevica meno e nevica peggio. È la fine di un’epoca: quella delle sciate dal primo dicembre a fine aprile».
Nel Bresciano
Ma nella nostra provincia com’è la situazione? In realtà da noi non è tutto bianco e non è tutto nero. Non ci sono impianti dismessi se non quelli storici del Pezzeda e del Gaver, che tra l’altro potrebbero rinascere. Montecampione è stato sì fermo per tutta la stagione, ma gli impianti non hanno girato per problemi societari. E soprattutto non mancano operatori che stanno investendo nel rinnovamento degli impianti o che ne hanno progettati addirittura di nuovi, come nel caso del Tonale. Tutto questo anche se le temperature sono cresciute enormemente anche nelle nostre stazioni sciistiche: a Ponte di Legno le medie sono salite di 2,9° C rispetto agli anni Sessanta, mentre a Montecampione di 2,6° C.
Si aggiunga che il 2022 è stato l’anno più caldo di sempre. Ma forse anche il più caro di sempre. Ormai l’innevamento artificiale di un chilometro di pista può raggiungere anche i 45.000 euro a stagione. I consumi di energia e di acqua sono notevoli perché con un metro cubo di acqua si producono circa due metri cubi di neve artificiale. Non solo: l’utilizzo dei cannoni sparaneve, come viene rimarcato a più riprese nel report, ha anche un impatto ambientale: nei luoghi a innevamento meccanico «è stato riscontrato un ritardo dell’inizio dell’attività vegetativa fino a 20-25 giorni rispetto alla media, a causa della pesantezza della neve artificiale».
Invasi... dagli invasi
Quella dell’innevamento artificiale è una pratica «non sostenibile» per Legambiente, che riferisce come l’Italia, stando alle ultime stime disponibili, sia «tra i Paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente, seguita da Austria (70%), Svizzera (50%), Francia (39%). La percentuale più bassa è in Germania, con il 25%. «Preoccupante», stando sempre al rapporto, il numero di bacini idrici artificiali presenti in montagna in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l'innevamento artificiale: sono ben 142 quelli mappati nella Penisola per la prima volta da Legambiente attraverso l’utilizzo di immagini satellitari per una superficie totale pari a circa 1.037.377 metri quadrati.
Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini. In parallelo, nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli «impianti dismessi», toccando quota 249, sia quelli «temporaneamente chiusi» (sono 138), sia quelli sottoposti ad «accanimento terapeutico», ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, e che nel 2023 arrivano a quota 181.
Per l’associazione ambientalistica la svolta per il futuro dovrebbe guardare a un «turismo sportivo ecosostenibile per tutte le stagioni» e alla «diversificazione delle attività»: «Attorno a queste ipotesi occorre individuare gli investimenti, ben sapendo che se non c’è un progetto complessivo con nuove basi culturali, i soldi da soli non sono sufficienti».
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