Brescia a rischio mafia, ma il pericolo è ancora sottovalutato

La due giorni organizzata da Apindustria si è chiusa con l'intervento di Roberto Pennisi, sostituto procuratore della Dia
MAFIA, BRESCIA A RISCHIO
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La libertà di impresa è in pericolo. È questo il mantra che echeggia tra le sale e i portici di Villa Fenaroli durante la due giorni organizzata da Apindustria per riflettere sui rischi delle infiltrazioni mafiose nelle pmi. Il fenomeno. E dopo il primo grido d’allarme lanciato venerdì dal Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, a tracciare il profilo dei pericoli per il Bresciano è questa volta Roberto Pennisi, sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

Il fenomeno - sociale, culturale e criminale - è in evoluzione e in sviluppo da tempo, ma è ancora troppo sottovalutato. E nonostante operazioni e arresti, è opinione diffusa che il nord Italia sia in qualche modo esente dal fenomeno criminale. Invece proprio il Bresciano è una delle province più fortemente permeabili alla criminalità organizzata, a fronte di una mancanza di strumenti in grado di fermare l’ondata - anche a causa della scarsa consapevolezza delle vittime. La causa dell’attrattività della provincia alle mafie è, ancora una volta, la sua stessa ricchezza.

E d’altronde i magistrati lo ripetono da anni: le organizzazioni criminali seguono i fiumi di denaro e si stabilizzano lì dove le terre sono più fertili e facilmente inquinabili. Nel Bresciano le vittime delle mafie sono soprattutto gli imprenditori delle pmi, che sempre più spesso vengono avvicinati da criminali travestiti da colleghi, da organizzazioni mimetizzate da aziende. È questa la chiave di volta di una mafia che non è più violenza e lupara: qui, come nel resto della Lombardia, è raffinata, esperta, avanzata.

Il cambio di pelle è ormai accertato dai magistrati, che per questo ora puntano il mirino sui territori più ricchi - proprio come il Bresciano e, restringendo ancor più il raggio, il Garda - e sull’ossatura del nostro Paese, le piccole e medie imprese. «State attenti a chi si presenta e a chi sembra come voi, ma che invece è profondamente diverso», è l’accorato monito di Pennisi agli imprenditori bresciani. Perché a Brescia non sono gli industriali a mescolarsi di cultura mafiosa e ad avvicinarsi alla mafia, è piuttosto quest’ultima ad intercettarli. E lo fa acquisendo brand, startup, aziende di energie alternative, di economia circolare e del mondo green. Lo fa avviando confronti e relazioni, intessendo rapporti.

Proprio a partire da questa emergenza e dalla necessità di far acquisire nuove consapevolezze ai bresciani, il presidente di Apindustria Brescia Pierluigi Cordua ha fortemente voluto la due giorni a Villa Fenaroli - per esplorare le sfaccettature del fenomeno e capire cosa Brescia può fare per fare muro contro le nuove frontiere dell’infiltrazione mafiosa. «Noi crediamo che non ci sia consapevolezza fino in fondo - spiega Cordua -. Le strategie della criminalità sono estremamente mirate, addirittura sono imprese che inquinano nei rapporti altre imprese. Persino il connotato del mafioso e del camorrista non c’è più, queste persone non hanno più accenti e sono inserite nel nostro territorio, mandano avanti imprese e intossicano il nostro sistema produttivo».

Per questo motivo il rischio è sempre più diffuso, perché non si parla solo di infiltrazioni ma anche di stabilizzazione della criminalità nel territorio. «Il successo del convegno deriva anche dalla presa di consapevolezza di questo aspetto, che finora mancava - continua Cordua -. È solo quando c’è la legalità che le imprese riescono a svilupparsi al meglio in un regime di concorrenza libera ed è questo che noi auspichiamo e al quale puntiamo». La due giorni di Apindustria è sembrata essere anche l’allegoria di un grande orologio, che al tramonto del 2020 ha di fatto avviato un conto alla rovescia. La resa dei conti sarà infatti la sfida per eccellenza che nei prossimi anni coinvolgerà tutto il Paese, quella del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sui quali finanziamenti gli artigli della mafia si stanno già muovendo.

Energia, economia circolare, sostenibilità, green: sono questi i settori che più attireranno i fondi europei per la ripartenza dopo la crisi sanitaria ed economica. Milioni di euro che sono già nel mirino delle mafie, da Nord a Sud. A settembre l’allarme è arrivato anche dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e dalla Dia: «Durante il perdurare dell’emergenza sanitaria, la tendenza a infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale "sano" si è ulteriormente evidenziata». Ora più che mai, l’attenzione dei protagonisti di questa svolta epocale dovrà essere massima.Criminalità e impresaIl convegno organizzato da Apindustria a Villa Fenaroli

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