Nando Dalla Chiesa: «La 'ndrangheta non cambia e non dimentica»

Il professore di Sociologia della criminalità organizzata, figlio del generale ucciso da Cosa Nostra, commenta le infiltrazioni a Brescia
Il professor Nando Dalla Chiesa - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
Il professor Nando Dalla Chiesa - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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Non ha dubbi. «La ‘ndrangheta non cambia» spiega il professor Nando Dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso da Cosa Nostra il 3 settembre 1982 e docente di Sociologia della criminalità organizzata all’Università degli Studi di Milano.

Professore, cosa ci dice questa ultima inchiesta sull’asse Reggio Calabria-Ancona-Brescia?
«Che è inutile pensare alla mafia di oggi come all’alta finanza, ai grandi professionisti in doppio petto che mandano i figli ad Oxford. Non è vero. Questa gente è in mezzo a noi e serve un supplemento di attenzione nell’osservare le cose. Se però abbiamo un’immagine stereotipata del mafioso non riusciamo a cogliere certi comportamenti, certe situazioni. L’inchiesta ci dice poi che depositi di armi possono essere creati anche in città, come a Brescia, dove apparentemente non ci sono insediamenti significativi. Sono in pochi ma pensano di potersi proteggere».

Negli ultimi anni le indagini sulle presunte infiltrazioni ’ndranghetiste al nord hanno riguardato in particolare reati fiscali. Ora tra un omicidio avvenuto e un altro tentato, il livello si è alzato…
«La ’ndrangheta non cambia. La sua identità non cambia. Può alzare il livello dell’interlocuzione ma l’essenza è sempre la stessa. Ed è quella della vendetta dopo tanti anni, che sa sparare e decide di sparare e manda persone da fuori a sparare. Il livello non è più quello dell’impunità assoluta per cui vai a uccidere nella tua città a volto scoperto come facevano i Casalesi o i motociclisti di Cosa Nostra. Adesso si usano persone che arrivano da fuori per ostacolare le indagini. C’è più astuzia perché il mafioso sa che lo Stato è un po’ cambiato, ma da qui a dire che la ’ndrangheta non uccide più e non usa più le armi, ce ne corre». 

Dalle indagini emergono figure radicate al nord e soggetti addirittura incensurati. Possiamo parlare di cellule dormienti, figure attivate quando serve, come per il terrorismo islamico?
«Esiste questo tratto dell’appartenenza che può essere dormiente. Le relazioni però durano sempre. Non fanno delle cose perché non viene richiesto loro di farle, ma sono disponibili. E nel frattempo fanno anche altro. È una fedeltà che va data una volta per sempre, ma in genere viene rimessa alla prova. Non è che dopo 20 anni ci si rivolge a qualcuno pensando di andare sul sicuro. Vuol dire che sono relazioni che vengono coltivate per avere la sicurezza che al momento giusto ci saranno».

Le indagini parlano di una vendetta per un fatto di 15 anni prima. Il presunto obiettivo del gruppo bresciano era invece un ex affiliato che si era macchiato di un duplice delitto nel 1992. Gli inquirenti dicono: «è la dimostrazione che la mafia non dimentica».
Questo è verissimo. Gli ’ndranghetisti non dimenticano. Siamo noi che dimentichiamo ed è una differenza importante tra noi e loro. Ci dimentichiamo di quello che hanno chiesto le persone uccise dalla mafia, ci dimentichiamo delle ragioni di certe leggi. La loro memoria è lunga, la nostra è molto breve».

La Scuola Antimafia a Brescia

I 40 studenti della Scuola Antimafia al Mo.Ca. a Brescia, con loro altri 400 collegati online - Foto tratta da Facebook
I 40 studenti della Scuola Antimafia al Mo.Ca. a Brescia, con loro altri 400 collegati online - Foto tratta da Facebook

Al mattino il blitz dei carabinieri del Ros, alla sera la lezione sulla ’ndrangheta. Sono le due identità di Brescia: da una parte le presunte infiltrazioni delle cosche calabresi, dall’altra la Scuola Antimafia organizzata dalla cooperativa sociale K-Pax e patrocinata dal Comune. Un percorso di formazione unico in Italia che, a pochi giorni dall’annuncio l’estate scorsa, è andato tutto esaurito: i 40 posti in aula al Mo.Ca., a cui si sono aggiunti «per permettere a più gente possibile di aderire» 400 studenti online, che ogni lunedì sera si connettono da tutta Italia.

Iniziata il 13 settembre, la scuola ha visto il prof. Nando Dalla Chiesa salire in cattedra già due volte. L’obiettivo delle dodici lezioni è divulgare oltre i confini universitari la conoscenza della criminalità organizzata, per formare e aggregare cittadini consapevoli di cosa succede. «Brescia è la seconda provincia lombarda per numero di beni confiscati alla mafia - spiegano gli organizzatori - ed è storico il radicamento sul territorio di Cosa Nostra, camorra e ’ndrangheta. Da questa consapevolezza nasce la Scuola, organizzata con Cross (Osservatorio sulla criminalità organizzata) e la redazione web di Stampo Antimafioso».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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