Orzinuovi, a due anni dal Covid: «Dentro di noi sempre»
In via Risorgimento, nel Bar Milano 2 a Orzinuovi, gli avventori del mattino sono quelli di sempre, o quasi. «Vengo qui da almeno cinquant’anni - dice Fausto sorridendo - e continuo a farlo anche adesso. Peccato - e qui il sorriso scompare dal suo volto - che non ci siamo più tutti». In quel bar due anni fa è scoppiato probabilmente il primo focolaio di Covid-19 della provincia di Brescia, o forse il secondo.
Fausto e gli amici, infatti, il pomeriggio lo trascorrevano di solito in un altro bar, quello del bocciodromo di via Lonato, alla periferia Est del paese, frequentato anche dagli autisti dei camion carichi di fieno provenienti da Codogno che, proprio in quelle settimane, tra la fiera agricola di Montichiari e quella di Orzinuovi, facevano la spola tra la pianura bresciana e quella del Lodigiano. «Non c’è un’indagine scientifica che lo attesti - spiega il sindaco, Giampietro Maffoni - ma quando in pochi giorni siamo stati travolti dal virus, abbiamo tentato di ricostruire quanto stesse avvenendo e quella che fu ribattezzata la "via del fieno" ci è sembrata la spiegazione più convincente per capire come il contagio fosse arrivato da noi».
Che sia così o meno, di certo c’è che in quei due bar è cominciato tutto e il veicolo di trasmissione principale, probabilmente, sono state le carte da gioco. Fausto e i suoi compagni si sono infettati tutti, uno per uno, e molti non ce l’hanno fatta. E anche nelle rispettive famiglie non è andata meglio. «Ho perso mia moglie e mio fratello, che era più giovane di me - ricorda Fausto - ed in ogni famiglia c’era qualcuno che si è infettato. Io stesso sono stato male».

Due anni fa, questi giorni di febbraio, in attesa del Carnevale, furono gli ultimi di serenità e normalità per tutti noi, ma in particolare per gli abitanti di Orzinuovi, che di lì a poco sarebbero stati travolti da un nemico subdolo e sconosciuto che avrebbe seminato morte e paura in paese. «Nella mia giunta - ricorda Maffoni - ci sono alcuni medici che si sono accorti subito della presenza di polmoniti non comuni, numerose e anche strane. Subito dopo Codogno ci siamo resi conto che tanti cittadini cominciavano a presentare i sintomi dell’influenza».
Dopo i contagi cominciarono i decessi: sono stati 69 complessivamente in una cittadina di circa 12mila abitanti, 58 dei quali avvenuti in poche settimane nella prima ondata. «All’inizio - ricorda Stefano, del bar Milano 2 - eravamo smarriti e preoccupati perché non capivamo cosa stesse succedendo. Poi è subentrata la paura, infine il dolore e il dispiacere per quello che abbiamo subito».
Paura e dolore che ancora oggi si leggono negli occhi degli abitanti di Orzinuovi. Ad esempio in quelli di Giampaolo, che ha perso la moglie e ha trascorso due mesi in quarantena, di Luigi e Giuseppe. «Sarà difficile dimenticare - dicono passeggiando nella piazza - e questo dramma ce lo porteremo dentro per sempre. Noi anziani ma anche i più giovani».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
