Ambiente

Il 2023 si è chiuso con più riserve idriche rispetto all'inizio dell'anno

In provincia di Brescia c'è più acqua nei laghi, negli invasi e nella neve rispetto al 2022. È una buona notizia, ma è presto per le previsioni
Il lago d'Iseo visto dalla Corna Trentapassi a febbraio 2023 - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il lago d'Iseo visto dalla Corna Trentapassi a febbraio 2023 - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Dopo un anno segnato da eventi meteorologici estremi in tutto il nord Italia, in provincia di Brescia il 2024 è cominciato con una buona notizia per quanto riguarda le riserve idriche superficiali: rispetto ai valori di un anno fa, sono aumentate. Significa che la quantità di acqua immagazzinata nei laghi, negli invasi artificiali, nella neve e nel ghiaccio è nel complesso maggiore, anche se un livello ottimale non è ancora stato raggiunto: occorrono altre precipitazioni per accumularla in vista del ritorno del caldo. 

La fotografia arriva dal primo bollettino dell’anno dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) diffuso il 4 gennaio e riferito alla settimana fino al 31 dicembre 2023. I dati sono aggiornati ogni settimana e di per sé non bastano a spiegare una tendenza: sono utili se confrontati con la media storica 2006-2020 dello stesso periodo e se inquadrati all’interno dell’andamento dei tre mesi precedenti, visibile nei grafici elaborati da Arpa per ogni bacino idrografico (potete consultare tutti i bollettini qui fino al 2005). 

Il confronto con i valori dello stesso periodo di un anno fa, sempre riferiti alla media storica, ci fornisce un’istantanea interessante per capire come si è chiuso il 2023 dopo due anni segnati ancora dagli effetti della siccità.

Un glossario

Prima di addentrarci nei dati, vanno chiariti alcuni termini. Nei bollettini di Apra, dei laghi viene misurato il volume d’invaso, cioè la quantità d’acqua su cui può agire l’ente regolatore. Ogni lago ha il suo (per il nord Italia sono tutti visibili sul portale Laghi.net): è l’ente che sceglie per esempio quanta acqua erogare (deflusso), misura quanta ne entra (afflusso) e il livello del lago (altezza idrometrica). Per invasi si intende principalmente invasi artificiali (le dighe). Infine, lo Snow Water Equivalent (SWE) è l’unità che misura il manto nevoso: quantifica l'acqua contenuta nella neve e del ghiaccio. Per arrivare alla stima inserita del bollettino, i tecnici di Arpa partono da misurazioni in loco dell’altezza della neve nelle stazioni di rilevazione; poi, attraverso immagini satellitari «spalmano» il valore rilevato sulla superficie più ampia, ottenendo così una larghezza; infine calcolano il volume del manto nevoso per ogni bacino.

I numeri lombardi

Tornando all'istantanea che prende in esame l'ultima settimana del 2023 e l'ultima settimana del 2022, vediamo dai bollettini che in Lombardia il deficit di riserve idriche dell’area alpina e prealpina si è ridotto in modo significativo: è infatti passato a -8,9% rispetto alla media 2006-2020 da -45,2% (bollettino Arpa del 5/01/2023). La situazione dunque non è rosea, ma migliora. Se guardiamo più nel dettaglio i bacini bresciani, si nota un miglioramento notevole sia per il Sarca-Mincio, di cui fa parte il lago di Garda, sia per l’Oglio Sebino, che però resta sotto la media del periodo, e una sostanziale stabilità del Chiese-Eridio

«Negli ultimi 24 mesi persistono in alcune zone del nord Italia deficit idrici legati alla siccità, soprattutto sulle colline veronesi e nel Piemonte meridionale, ma gli effetti di media-lunga durata sono prevalentemente rientrati e si notano segni di ripresa anche nei grandi laghi» spiega Ramona Magno, responsabile dell’Osservatorio Siccità dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

I bacini idrografici bresciani

Il primo bollettino Arpa del 2024 ci dice che il volume invasato dal lago di Garda al 31 dicembre si attesta a un +38,2% rispetto alla media. Un anno fa segnava -59,1%, pari ai minimi mai rilevati, confermando un andamento al ribasso dei tre mesi precedenti. Il bacino del Sarca-Mincio ha chiuso l’anno con una riserva idrica del 22,9% superiore rispetto alla media 2006-2020 (il 2023 era iniziato con un -54%).

Un timido segno «+» lo registra anche il bacino Chiese-Eridio (+5,3% sulla media storica), ma grazie soprattutto agli invasi artificiali (+123,6% sulla media contro al -31,3% di un anno fa). Se si esamina infatti il grafico del lago d’Idro si nota un andamento superiore alla media fino a metà novembre e poi un crollo repentino: è dovuto alle piene e poi agli interventi dell’ente regolatore che ne ha aumentato il deflusso a dicembre. Nello stesso periodo dell’anno scorso, il volume invasato del lago era stato sempre sotto la media ma con valori superiori a quelli dell’ultimo mese. 

Discorso a parte invece per il bacino dell’Oglio-Sebino, che pur migliorando i valori di tutte le sue riserve idriche a fine dicembre era ancora in difetto rispetto alla media 2006-2020 (-20,4%, ma un anno fa era a -52,6%). Più nello specifico, a risollevare le sorti del bacino sono soprattutto il lago d’Iseo (-6,6% sulla media: a fine 2022 sprofondava al -75%, prosciugato dall’estate siccitosa) e i volumi degli invasi, più vicini alla media del periodo da novembre, mentre l’andamento di un anno fa mostra valori molto al di sotto. 

Scenario

Cosa possiamo aspettarci quindi per il 2024? Il 2023 è l’anno più caldo mai registrato da quando esistono le rilevazioni annuali, ha previsto l’Organizzazione meteorologica mondiale. Quanto questo possa impattare su un’eventuale siccità nel 2024 è però presto per dirlo. «Non è possibile scendere nel dettaglio con le previsioni quando si parla di siccità» spiega Ramona Magno, responsabile dell’Osservatorio Siccità dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio Nazionale delle Ricerche. 

Possiamo però aspettarci nei prossimi mesi con buone probabilità «temperature più alte della media, che andranno a influenzare anche le piogge, vista la quantità di energia rilasciata nell’atmosfera - continua Magno -. A dicembre c’è stato molto caldo nel centro-sud, mentre sull’arco alpino si sono registrate temperature sotto la media. Da qui a metà gennaio a nord dovrebbe invece arrivare la fase attesa di freddo, con qualche nevicata».

Le siccità attuali sono il risultato sia di condizioni meteorologiche sia di cambiamenti climatici previsti dagli scienziati da decenni. La grande differenza rispetto al passato è che oggi le temperature sono in continuo aumento e alle ondate di calore si alternano piogge violente, come abbiamo visto anche nel Bresciano a luglio, o altri eventi estremi come le alluvioni (pensiamo all’Emilia Romagna e alla Toscana). «Sono facce della stessa medaglia» conferma Magno. Gli effetti della siccità del 2022 sono attualmente rientrati, ma «al nord Italia va comunque tenuta d’occhio la neve, fondamentale per le riserve estive di acqua- afferma la ricercatrice -. A tendere, andremo comunque incontro a periodi più prolungati di siccità, intervallati da piogge intense e spesso a livello locale. Dobbiamo prepararci sia cercando di ridurre i danni, sia ripensando la gestione dell’acqua, che va raccolta e risparmiata in previsione di eventi siccitosi sempre più intensi». 

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