Brescia, anni ‘70 tra crescita demografica e strage di piazza Loggia

«Brescia Due: crescono i palazzi, dov’è lo spazio verde?». L’interrogativo è quello del titolo del servizio pubblicato sul GdB domenica 19 agosto 1973, testimonianza di due aspetti, legati fra loro. Da un lato la crescita della nuova città a sud della città, come veniva indicato nelle cronache il nascente quartiere, dall’altro le criticità connesse con l’espansione in atto della Leonessa e le istanze disattese. L’avvio dei cantieri del nuovo polo – un misto di residenziale e uffici – risale all’anno prima: il 7 luglio 1971 una cerimonia ufficiale, con plastici e impalcature a far da scenografia, mostra il futuro in costruzione (l’articolo integrale pubblicato allora dal nostro quotidiano con una serie di foto dell’Archivio Eden/GdB sarà sul prossimo numero della rivista Biesse).
Trova finalmente un senso quel mastodontico cavalcavia, il Kennedy, che ultimato nel ’61 è rimasto pressoché inutilizzato dai bresciani sino ai primi Anni ’70, visto che a sud del gasometro trovava spazio (e solo d’estate) unicamente il luna park. Eppure, già a distanza di due anni, il progetto organico di un «centro dirigenziale» – prima esperienza urbanistica in tal senso, dopo il caotico ampliamento spinto dall’urgenza di dare case a chi ne era sprovvisto – pare disatteso: «Ieri mattina la foschia della calura dava un aspetto assai squallido a questa zona residenziale (...): entro poco tempo l’invasione del cemento armato avrà completato la sua opera». Dove sono i parchi e i viali alberati promessi, si chiede il cronista. Arriveranno decenni dopo, Gallo e Tarello su tutti.
Il verde in città
Il tema ambientale tuttavia non è del tutto trascurato. Anzi. Con il nuovo quartiere prende infatti corpo anche una infrastruttura che Brescia adotta prima in Italia: il teleriscaldamento. La posa delle tubazioni è del 1971, l’entrata in funzione è datata 1972. Lo ricorda il GdB del 7 settembre 1972. Ci vorrà ancora qualche anno, invece, per la centrale termica policombustibili di Lamarmora (1978). Se il verde appare sacrificato, in compenso di cemento ne arriva molto altro, in risposta alle moltiplicate esigenze di una città che non lievita solo nei numeri, ma anche in fatto di servizi indispensabili. Basti pensare alle ravvicinate aperture di due parcheggi in struttura a servizio del centro storico. Il GdB annuncia il 27 ottobre 1971 l’inizio dell’attività dell’Autosilo Uno, mentre il 7 marzo 1974 dà conto dell’apertura dell’allora parcheggio Agip di piazza Vittoria.
Opera dell’ingegner Fedrigolli (con calcoli strutturali di Riccardo Morandi, progettista di molti ponti tra cui quello tristemente noto di Genova), apre a metà: solo 300 auto, spiega il GdB, in attesa delle valutazioni dell’impatto inquinante sollecitate dai primi ambientalisti. Un’ora di sosta costa 150 lire, una tazzina di caffé 120. Sempre in centro, a fianco della recente Camera di Commercio, ecco la nuova sede dell’Inps, che nel 1972 trasloca dagli storici uffici di piazza Vittoria. Più a nord, nell’Oltremella, è già sorta a fine 1970 la clinica Sant’Anna, attiva con 220 posti letto. E da ultimo, ma non per importanza, i primi giorni dello stesso anno Brescia si dota di un nuovo macello comunale in via Orzinuovi. È in un vero e proprio slalom fra cantieri, dunque, che la Leonessa accoglie orgogliosa i 100mila alpini dell'adunata nazionale nel maggio 1970.
Se la città lievita, la provincia non è da meno e urgono nuove arterie. Non sorprende che proprio nel quinquennio veda la luce la tangenziale Ovest, fra Ponte Crotte e la zona Industriale, aperta al traffico dal 15 novembre 1972, al termine di 7 anni di lavori, costati alla Loggia 2 miliardi di lire. Fervono nel frattempo i lavori per la Tangenziale Sud, che sarà ultimata nel 1975. Anche la rete autostradale, da poco arricchitasi della Brescia-Verona, si amplia ulteriormente: è il futuro direttore Gian Battista Lanzani (1980-2005) a curare la cronaca dell’inaugurazione della Brescia-Cremona-Piacenza, datata 11 novembre 1971. Di fatto, la nuova arteria mette in connessione A4 e Autosole, così rendendo il nostro capoluogo snodo importante per la circolazione di persone e merci, della provincia e non solo. Ancora una volta campeggia sulle pagine della «Vita di provincia» l’annuncio dell’imminente avvio dell’Autostrada di Valtrompia, il cui progetto è a Roma per l’ultima firma di Anas. Sarà un soggiorno molto lungo per le carte di quegli 11 km, che ancora oggi sono solo cantiere.

Ironia della sorte, proprio mentre la rete stradale primaria si estende, scoppia la crisi petrolifera del 1973. Le tensioni arabo-isrealiane portano alla riduzione delle forniture di greggio, con la conseguente scarsità. Il governo adotta misure drastiche, annunciate dal titolo a tutta pagina del GdB del 23 novembre: «Niente auto la festa, la benzina a 200 lire, velocità limitata, cine e tv fine entro le 23». Giro di vite per ridurre i consumi, disincentivare l’uso di corrente e carburante, domeniche a piedi (economiche… più che ecologiche). Così le strade si svuotano e diventano ciclovie, piste da pattinaggio, corsie per omnibus a cavalli improvvisati. Le multe per chi non rispetta i divieti? Salatissime, come spiega il quotidiano il 3 dicembre, dopo la prima giornata festiva del nuovo corso: 32 i conducenti sanzionati perché in circolazione fuori dalle deroghe previste per forze dell'ordine, medici, ecc., che si vedono sequestrata l’auto e consegnato un verbale che fra 100mila lire e un milione: il prezzo di una utilitaria.
La crisi del petrolio è preceduta di poco dallo spauracchio del colera: l’epidemia scoppiata a settembre a Napoli (24 morti e mille ricoverati) «contagia» l’opinione pubblica anche a Brescia, dove il sindaco Boni si affretta a ribadire anche dalle colonne del GdB che non c’è allarme nella nostra provincia. Ma le cautele impongono ordinanze e divieti, con stop a gelati, pesce e altri alimenti e la chiusura delle piscine. Due mesi neri, dimenticati in fretta, complici le tante tensioni sindacali e politiche. Su tutte a primavera una: il referendum sul divorzio, che il 12/13 maggio sancisce in Italia la vittoria del no e della legge che disciplina la fine del matrimonio. Non così a Brescia, come raccontano i dati pubblicati dal GdB il 14.
In città prevale il no con 84mila preferenze, contro le 52mila per il sì, ma la provincia si schiera per l’abrogazione della norma: il 54% dei sì pesa sul quadro consuntivo di tutto il Bresciano. Il 50,37% dei 595.592 fra elettrici ed elettori alle urne avrebbe preferito che fosse escluso il divorzio. Sotto il titolo che domina la prima pagina («La legge sul divorzio resta in vigore») campeggia la foto di una folla assiepata fuori dalla sede del quotidiano, punto di riferimento per gli aggiornamenti sul voto: i dati vengono addirittura affissi fuori dalla redazione, man mano disponibili. Solo quattordici giorni e il clima, politico, sociale e culturale della città sarà segnato da una cesura netta e destinata a restare indelebile: il 28 maggio scoppia l’ordigno che cambia la storia di Brescia.
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