Brescia, la fine degli anni ‘60 tra boom demografico e autunno caldo

Si dice spesso che i numeri non sono tutto. Vero oggi come sessant’anni fa. Eppure, talvolta – ora come allora –, le cifre sono utili per comprendere tendenze e tensioni della società, istanze e priorità. Ce ne viene conferma dalle pagine del Giornale di Brescia che nel 1967 documenta due contestuali «traguardi» numerici della Leonessa, con un minimo comun denominatore: il numero 200.000.
Auto e cittadini
Il primo riguarda il parco auto circolante in provincia: il 13 febbraio ’67 viene immatricolata una Fiat 500 di Aci Brescia cui viene assegnata targa «BS200000». A consegnarla il sindaco Boni in persona. Nel 1947 spiega il GdB del giorno seguente il numero progressivo delle targhe arrivava a 25001. In 20 anni è lievitato enormemente. Il 6 aprile invece SandroFurlan sul quotidiano registra che «sarà festeggiato in autunno il bresciano numero 200.000».

Con una popolazione cittadina raddoppiata in 42 anni e il forte trend immigratorio protrattosi fino ai primi Anni ’60, la fisionomia del capoluogo è mutata (anche se il tasso di natalità inizia a flettere). Migliora anche la qualità della vita: un articolo del 26 settembre 1967, dedicato alla riduzione del numero di medici condotti, ne individua la ragione nella marcata riduzione dei poveri. Gli aventi diritto ad assistenza sanitaria gratuita in quanto indigenti erano 26.863 nel 1914 e 9.611 nel 1951, ma risultano all’anno corrente «solo» 2.538.
L’Eib
Insomma, il benessere è tangibile. L’industria bresciana ormai vola alto. L’uno e l’altro aspetto motivano l’orgoglio identitario dell’imprenditoria locale e più in generale la cultura del fare nostrana. Entrambi cercano una vetrina, in grado di competere con quelle analoghe delle principali città. La troveranno nel Palazzo delle Esposizioni dell’Eib, acronimo di Ente Iniziative Bresciane, che sorge nel 1967. È il Ciambellone incastonato tra la tangenziale Ovest e Chiesanuova. Si parte subito con l’Esposizione industriale bresciana (l’acronimo è sovrapponibile all’altro): la celebra il GdB il 22 maggio accostandola alle esposizioni del 1857 e del 1904 e contando 10mila visitatori dopo il taglio inaugurale, attratti dai 480 espositori e dalla nuova struttura di 15mila mq. All’Eib si unirà il 7 dicembre 1968 la nuova Camera di Commercio di via Einaudi, nell’area dell’ex Civile. A inaugurarla arriva in città il ministro dell’Industria Giulio Andreotti.
In provincia
Al contempo si modifica l’assetto urbanistico con ulteriori espansioni: dalla nascita della strada della Maddalena e le conseguenti realizzazioni residenziali ai lievitanti villaggi Marcolini (del 1968 è quello di via Chiusure), in città, mentre in provincia a supporto degli ampliati insediamenti nascono (o rinascono) nuovi centri servizi. È del 1965 la totale riqualificazione dell’Ospedale Mellini di Chiari, che – ricorda il GdB – apre il 20 novembre, mentre l’anno seguente, il 12 luglio, è il presidente del Consiglio, l’on. Aldo Moro, a inaugurare a Sirmione il nuovo Palazzo dei Congressi: «In visita da amico dei sirmionesi e di tutti i bresciani» le sue parole riportate dal GdB, che saluta il nuovo impianto come utile ad accrescere l’attrattiva del Garda anche oltre gli aspetti turistici.
Che traffico
Non è esente dalla sostanziale rivoluzione in atto (e come potrebbe) il sistema della mobilità. In città spariscono quei filobus che resteranno tali solo nel dire quotidiano: per decenni «prendere la filovia» rimane espressione consueta fra gli utenti del trasporto pubblico locale anche se una fotonotizia sull’edizione del 2 aprile 1966 immortala i tecnici dei Servizi Municipalizzati mentre rimuovono nottetempo i cavi di alimentazione della rete. Al contempo l’eccesso del traffico (vedi targa BS 200000...) genera i primi mostri e le prime contromisure: le piazze Loggia, Duomo e Vittoria, divenute veri e propri parcheggi, vengono svuotate nelle «ore verdi» (solo tre al giorno...).

«Un esperimento – recita il testo della triplice fotonotizia del servizio Orioli – troverà obiezioni e consensi. Nessuno potrà tuttavia negare che il divieto restituisce soprattutto alle due più antiche piazze bresciane dimenticate armonie architettoniche». Passano gli anni ma i problemi restano: l’11 settembre 1969 il quotidiano evidenzia il caso di piazza del Foro «soffocata dai veicoli». Si progettano anche grandi opere a livello provinciale, alcune clamorose benché destinate a restare (almeno per ora…) sulla carta. Dalla ipotizzata autostrada del Garda alla, non meno suggestiva, idrovia che tiene banco sulle pagine del GdB per anni.
Le università
Il rinnovato vigore del sistema produttivo accelera anche la spinta verso la nascita non di uno, bensì di due poli universitari bresciani. I primi fondamentali passi sono proprio nel quinquennio in esame. «Oltre 600 candidati al concorso per la facoltà bresciana di Magistero» titola il GdB il 13 novembre 1965, nel raccontare la prima giornata della sede cittadina dell’Università Cattolica. Quella stessa sede di via Trieste in cui a fine mese il rettore milanese Ezio Franceschini inaugurerà ufficialmente il primo anno accademico della storia bresciana. Si tratta della conclusione di un cammino che aveva unito verso l’obiettivo Alma Tovini Domus, Scuola Editrice, Morcelliana, Banca San Paolo e Banca di Vallecamonica. Interprete primo dell’istanza, il professor Vittorino Chizzolini.

Ma in un eloquente intreccio di date, solo quattro giorni dopo l’avvio ufficiale dell’attività della Cattolica, un altro ateneo, quello di Parma, terrà a battesimo in contrada Santa Croce la Scuola di amministrazione industriale cittadina, prodromo della facoltà di Economia e commercio. In questo caso coronando gli sforzi della Fondazione Tirandi, guidata dal deputato democristiano Mario Pedini.
A teatro
A fronte di una costante rincorsa del progresso e di una modernità talvolta persino idealizzata, permane l’afflato verso una dimensione più tradizionale, cifra di una brescianità che è custode di valori e genuinità rivendicati con orgoglio. Proprio mentre il Grande accoglie una star del calibro di Anna Magnani («Nannarella» nel febbraio ’67 la Medea di Jean Anouilh, «versione borghese della grande tragedia di Euripide» scrive il GdB), il Santa Chiara ospita la prima della «Curt dei Pulì», opera di Renzo Bresciani e della Compagnia della Loggetta, «antologia di testi e canti popolari bresciani» la definisce plaudente il GdB del 15 febbraio ’67. «Spettacolo bene articolato nei suoi passaggi dall’infanzia all’amore, al vino, alle baruffe coniugali, al lavoro e alla morte, in un carosello di poesia e di filosofia che è la vita vista alla maniera bresciana».
La protesta
Quella quotidianità che non resterà immune da altre turbolenze dei tempi correnti: quelle dell’autunno caldo, stagione che a partire dallo sciopero generale dell’11 settembre ’69 sarà segnata da forti rivendicazioni sindacali e conflittualità sociale dall’altro. L’Om sarà tra i poli caldi della protesta a livello nazionale, tanto che il 2 ottobre il ministro del Lavoro Carlo Donat Cattin dovrà rispondere in Parlamento di scontri avvenuti il 19 settembre a Brescia. Più tenue l’eco della protesta studentesca vissuta con altra intensità nelle città con atenei di lungo corso.
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