Processo Bozzoli, gli orari non tornano nel giallo di Marcheno

Dopo le testimonianze della ex fidanzata e del fratello di Giacomo, a tenere banco sono però ancora i tempi dell’omicidio
La Corte d'Assise di Brescia per il processo Bozzoli - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
La Corte d'Assise di Brescia per il processo Bozzoli - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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La cornice la fissa il presidente della Corte d’ Assise Roberto Spanò. «In questa vicenda i minuti sono fondamentali. Sessanta secondi in più o in meno fanno la differenza». Il riferimento è a quanto accaduto tra le 19 e le 19.30 dell’8 ottobre 2015 a Marcheno all'interno della fonderia del mistero. Anche dopo l’ultima udienza del processo per l’omicidio dell’imprenditore Mario Bozzoli gli orologi non sono sincronizzati.

«La difesa vuole spostare in avanti i tempi per ridurre lo spazio dell’azione omicidiaria» è il pensiero dell’accusa. «Per i pm i tempi sono diventati importanti solo dopo anni di indagine quando l’ipotesi forno è venuta meno. E ora vogliono tirare indietro le lancette» è il pensiero di chi replica. In mezzo ci sono testimonianze e dati oggettivi che si intrecciano attorno alla ricostruzione degli inquirenti.

«L’omicidio di Mario Bozzoli - è la tesi - è avvenuto tra le 19.14.38’’ e le 19.25.21’’ dell’8 ottobre di sei anni fa». Undici minuti per, secondo gli atti, colpire l’imprenditore, ucciderlo, metterlo in un sacco e portarlo in auto fuori dalla fonderia. Sono 643 secondi compresi tra due telefonate: quella della compagna alla quale Giacomo Bozzoli non risponde e il momento in cui lui cerca di mettersi in contatto con la donna.

L'imputato Giacomo Bozzoli entra in tribunale, accompagnato da uno dei suoi avvocati - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
L'imputato Giacomo Bozzoli entra in tribunale, accompagnato da uno dei suoi avvocati - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it

Già l’operaio Abu aveva cambiato le carte in tavola: «Ho visto Mario Bozzoli alle 19.30. Sono sicuro perché avevo l’orologio sulla ruspa che guidavo e anche il cellulare» riferì nella precedente udienza. Anche Alex Bozzoli, nipote della vittima e fratello dell’imputato, ieri non ha fatto combaciare gli orari. «In base a quanto riportato agli atti posso dire di essere sceso di casa alle 19.15, nel momento in cui l’operaio Cassè Mandaw stava timbrando. E io quella sera l’ho incrociato». Circostanza, quest’ultima relativa all'incontro, che Alex Bozzoli non aveva mai detto prima di ieri. «Mio zio Mario? L'ho visto poco dopo, quindi credo che saranno state le 19.16, 19.17 mentre era sul muletto». In un momento in cui per l’accusa Bozzoli è già stato ucciso.

E il dipendente Cassè Mandaw? Sentito in aula non ha mai riferito di un incontro con Alex, ma disse di aver visto per l'ultima volta Mario «tra le 19.14 e le 19.15». E qui entriamo nel campo dei dati oggettivi. Mario Bozzoli alle 19.12 telefona per l’ultima volta alla moglie. Cassé Mandaw viene ripreso dalle telecamere alle 19.14 mentre chiude lo spogliatoio, poi timbra l’uscita un minuto più tardi. Giuseppe Ghirardini invece alle 19.16.42’’ entra con la ruspa nel magazzino rottami passando davanti alla telecamera degli spogliatoi. Alle 19.33.42’’ Giacomo lascia in auto la fonderia ripreso dalle telecamere. Le stesse che lo inquadreranno rientrare alle 19.43. C’è un altro dato certo: alle 19.21.34’’ si registra la famosa fumata anomala di uno dei forni della fonderia. E a proposito di orari, Oscar Maggi, sentito sull'ultima volta in cui vide Mario, qualche settimana fa ha detto: «Poco prima di quella fumata».

Così nel giallo di Marcheno gli orari non tornano.

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